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Seppure con le difficoltà che conosciamo, la campagna vaccinale prosegue e diverse regioni hanno iniziato a vaccinare o raccogliere le prenotazioni per chi ha un’età compresa tra 60 e 80 anni. Questo non significa che in Italia siano stati vaccinati tutti gli over 80, anzi, ne mancano centinaia di migliaia e per diverse ragioni.

Ci sono anziani che abitano in zone difficili da raggiungere, che vivono da soli e sono poco informati, che non sanno usare il computer per prenotarsi o che non hanno possibilità di raggiungere il centro vaccinale più vicino, e non sanno delle possibilità di trasporto o di vaccinazione a domicilio offerte dai sistemi sanitari regionali. Quelli che proprio non si vogliono vaccinare sono pochi, spiegano i medici di famiglia, ai quali le regioni hanno iniziato a chiedere di essere più attivi e propositivi nei confronti dei loro pazienti più anziani.

Secondo gli ultimi dati, circa l’82 per cento degli over 80 ha ricevuto almeno la prima dose del vaccino, mentre il 53,2 per cento ha ricevuto anche la seconda somministrazione. In Italia gli anziani sono 4,4 milioni: significa che 3,7 milioni hanno ricevuto almeno una dose e che circa 700mila non hanno ancora aderito alla campagna vaccinale.

La situazione varia sensibilmente da regione a regione, perché ognuna ha organizzato il piano vaccinale in autonomia: alcune hanno dato totale priorità agli anziani, altre hanno scelto di vaccinare da subito diverse categorie (poi è intervenuto il governo imponendo che si procedesse per fasce di età).

Come si vede dal grafico, aggiornato a giovedì, il Veneto è la regione che ha raggiunto più persone: il 93 per cento degli anziani veneti aveva ricevuto almeno la prima dose del vaccino. La percentuale è alta anche in Toscana, 90 per cento raggiunto dopo qualche ritardo iniziale, e in Lombardia dove è stato vaccinato l’87,9 per cento delle persone con più di 80 anni. Le regioni sotto la soglia dell’80 per cento sono Abruzzo, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Molise, Sardegna, Sicilia e Valle d’Aosta.



I problemi sono soprattutto al Sud, in particolare in Sicilia dove solo il 60,6 per cento degli anziani ha ricevuto almeno una dose del vaccino. Il notevole ritardo rispetto alle altre regioni si spiega con un’organizzazione piuttosto lenta e complessa. Inoltre va considerato che in Sicilia sono stati vaccinati molti più fragili e caregiver – 271.987 – rispetto alle altre regioni.

Una delle questioni più dibattute, e che interessa direttamente gli anziani, è il coinvolgimento dei medici di famiglia, che in molte zone della Sicilia hanno iniziato a somministrare i vaccini solo da pochi giorni. L’accordo tra la Regione e i sindacati dei medici è stato firmato l’8 marzo e tre settimane dopo, il 29 marzo, è stata pubblicata la circolare che spiega quante dosi potranno ricevere i medici, come dovranno gestirle, chi e come dovranno vaccinare. A causa dei tempi così lunghi, in Sicilia molti medici di famiglia hanno ricevuto le prime dosi del vaccino dieci giorni fa e hanno potuto rispondere alle tante richieste dei loro pazienti solo negli ultimi giorni.

La vaccinazione dei più anziani è soprattutto importante per tutelare la fascia della popolazione dalle forme gravi di COVID-19, e per questo sarà importante riuscire a raggiungere una parte consistente di quei 700mila che ancora non hanno ricevuto nemmeno una dose. Oltre ai medici di famiglia, in alcune regioni si sono sperimentate iniziative piuttosto creative per vaccinare, come abbiamo raccontato qui.

J&J
Il ministero della Salute ha stabilito che in Italia il vaccino prodotto da Johnson & Johnson (J&J) potrà essere somministrato alle persone con più di 18 anni, ma preferibilmente a chi ne ha più di 60: è una raccomandazione che riprende quella prevista per il vaccino contro il coronavirus prodotto da AstraZeneca.

La decisione è derivata dalle valutazioni dell'Agenzia europea per i medicinali (EMA) che vi abbiamo raccontato nella scorsa newsletter. L’EMA ha concluso che c’è un «possibile legame» tra alcuni casi estremamente rari di problemi circolatori (trombosi) e il vaccino di J&J, e per questo motivo in Italia ne è stata consigliata la somministrazione a chi ha più di 60 anni, fascia d’età in cui sono stati riscontrati minori rischi. Come per AstraZeneca, l’EMA ha spiegato che i benefici offerti dal vaccino di J&J superano gli eventuali rischi derivanti dalla sua somministrazione, soprattutto se confrontati con quelli molto più rilevanti che si affrontano nel caso ci si ammali di COVID-19.
 

La settimana
Nell’ultima settimana i nuovi casi positivi rilevati sono stati meno di 100mila: non succedeva dalla metà di febbraio. Dal 16 al 22 aprile sono stati 94.809, il 12,7 per cento in meno rispetto ai sette giorni precedenti. Inoltre, in varie regioni è diminuito il numero di ricoverati in terapia intensiva e si è registrata una riduzione dei decessi. Sono segnali di un generale miglioramento della situazione epidemiologica: tutte le regioni hanno un’incidenza dei contagi inferiore rispetto alle ultime settimane, anche se in alcune province i dati stanno migliorando più lentamente rispetto al resto d’Italia.



Nell’ultima settimana i morti sono stati 2.420, il 14,1 per cento in meno rispetto ai sette giorni precedenti. Nessuna regione ha superato la soglia d’allerta di 250 casi settimanali ogni 100mila abitanti. Da qualche settimana non si vedeva un verde così acceso nella mappa che mostra l’incidenza nelle province italiane.



Al momento sono nove le regioni che superano la soglia del 30 per cento dei posti letto in terapia intensiva occupati da malati di COVID-19 sul totale dei posti disponibili: Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Molise, Piemonte, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta.

Al momento in Italia sono state somministrate 11,7 milioni di prime dosi del vaccino contro il coronavirus e 4,9 milioni di persone hanno ricevuto la seconda dose. 

Qui trovate tutti gli altri dati, regione per regione.

26 aprile
Da lunedì assisteremo alle prime riaperture e, dopo averle annunciate alla fine della settimana scorsa, negli ultimi giorni il governo ha dato un po’ di informazioni aggiuntive e ha poi pubblicato il decreto. Vediamo in estrema sintesi.

🚘 Ci si può spostare liberamente tra regioni in area gialla, ma anche tra regioni in area rossa o arancione, e si potrà utilizzare un “certificato verde” o “pass” (ci torniamo tra poco, promesso).

👩‍👩‍👧‍👧 Fino al 15 giugno nelle zone gialle e arancioni si può andare a casa di amici o parenti, a patto di non andarci in più di quattro.

👩‍🏫 Riprendono tutte le lezioni in presenza anche nelle scuole superiori, alternate a quelle a distanza. In area rossa le lezioni saranno in presenza per il 50-75 per cento, mentre in area gialla e arancione per il 70-100 per cento.

🎓 Le università possono organizzare le lezioni prioritariamente in presenza in area gialla e arancione, mentre in area rossa sono invitate a privilegiare le lezioni in aula per chi frequenta il primo anno.

🍸 In area gialla bar e ristoranti possono fare servizio serale, a patto che sia all’aperto.

🍿 Cinema, teatri, sale concerto e locali con musica dal vivo possono riprendere le attività in area gialla, ma con posti pre-assegnati e distanziati e con una riduzione della capienza massima.

🏃‍♂️ Eventi sportivi agonistici sono aperti al pubblico in area gialla, se ritenuti di interesse nazionale, e comunque con distanziamento e limiti per la capienza.

🏊‍♂️ Le attività sportive all’aperto in area gialla sono consentite, le piscine riapriranno il 15 maggio se all’aperto, per le palestre si dovrà attendere il primo giugno.

Pass
L’idea di base è avere un certificato che consenta di spostarsi tra Regioni a diverso rischio epidemiologico, quindi con colori diversi, in modo più sicuro e senza le ambiguità talvolta causate dalle autodichiarazioni impiegate finora (che si potranno ancora utilizzare per gli spostamenti con giustificati motivi di necessità). Il funzionamento è ispirato a quello dei “certificati verdi”, presentati lo scorso marzo dalla Commissione Europea, per favorire gli spostamenti tra gli stati dell’Unione Europea e che dovrebbero essere pronti entro la fine di giugno.

Il governo ha spiegato che il pass dimostra: «Lo stato di avvenuta vaccinazione contro il SARS-CoV-2 o la guarigione dall’infezione o l’effettuazione di un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo». Sarà quindi rilasciato se si soddisferà uno di questi requisiti, che a sua volta ne condizionerà la durata.

Il pass ha una durata di 6 mesi dal momento in cui viene certificata la guarigione dalla COVID-19 o dal momento in cui si è stati completamente vaccinati. Il certificato verde ha invece una durata di sole 48 ore dall’esito di un tampone negativo; la regola vale sia per i test molecolari, quindi quelli svolti in laboratorio, sia per i test antigenici rapidi. Se a un successivo test si risulta positivi, anche dopo la guarigione o la vaccinazione (una eventualità estremamente rara, ma possibile), il certificato scade anche se non sono ancora trascorsi i sei mesi.

Abbiamo messo insieme una mini guida con altre informazioni, in attesa che il governo chiarisca alcuni punti: trovate tutto qui.

Opposizione interna
I tre ministri della Lega si sono astenuti durante il voto sul cosiddetto “decreto riaperture” nel Consiglio dei ministri di mercoledì, dicendo di essere contrari al mantenimento di alcune restrizioni per la pandemia che giudicano eccessive, come il coprifuoco alle 22 e il divieto del servizio al chiuso per bar e ristoranti. La decisione della Lega è arrivata senza preavviso, a quanto è stato ricostruito, e senza molte argomentazioni. L'indicazione di opporsi al decreto era partita del leader della Lega, Matteo Salvini, ed è l’ultimo sviluppo di una specie di scontro interno al governo comunicato e alimentato in larga parte dallo stesso Salvini, tra una parte favorevole a maggiori riaperture (la sua) e una che vorrebbe mantenere più restrizioni (che lui identifica con il ministro della Salute Roberto Speranza). Le modalità con cui Salvini ha gestito la questione, garantendo prima il sostegno al decreto e poi sfilandosi all’ultimo, sono state interpretate come una strategia per mantenere una connotazione “d’opposizione” pur essendo al governo.

India
In India è in corso una nuova grande ondata di contagi da coronavirus che ha raggiunto livelli estremamente preoccupanti: nell’ultima settimana, per sette giorni consecutivi, si sono registrati più di 200mila nuovi casi giornalieri, e mercoledì 21 aprile sono stati superati per la prima volta i 300mila contagi. È la seconda ondata che interessa il paese, dopo quella che si era verificata tra giugno e settembre del 2020: in quel caso però i contagi giornalieri non avevano mai superato i 100mila.

Secondo diverse analisi, le cause sono da cercare nell'insieme di decisioni politiche considerate tardive o poco efficaci, sia a livello nazionale che locale, e basate su una notevole sottovalutazione del rischio. All’attuale situazione di emergenza ha contribuito anche una nuova variante del virus, la cosiddetta “variante indiana” (B.1.617), che sembra avere reso il coronavirus più contagioso, ma su cui ci sono ancora studi in corso. La nuova ondata sta creando gravi problemi a tutto il sistema sanitario indiano: in alcune città sono terminati i posti in terapia intensiva e ha iniziato a scarseggiare l’ossigeno a disposizione dei pazienti. La situazione è critica in molti stati indiani.


Attraverso il vetro di una finestra che dà sulla strada, un uomo di 90 anni visita la moglie di 92 che si trova in una casa di riposo di Barcellona (Spagna), dove le visite sono sospese dall'inizio della pandemia (AP Photo/Emilio Morenatti)

Turismo
Da lunedì la Grecia ha revocato l’obbligo di quarantena ai viaggiatori che provengono dalla maggior parte dei paesi europei, da Israele e dagli Stati Uniti, se possono dimostrare di essere stati vaccinati oppure di essere risultati negativi a un tampone molecolare eseguito entro 72 ore dalla partenza. Il 14 maggio, inoltre, inizierà ad applicare le stesse regole anche ai viaggiatori provenienti dal resto del mondo, di fatto permettendo il probabile arrivo di milioni di turisti. L’eliminazione delle restrizioni, e in particolare della quarantena all’arrivo, è importante non solo per la Grecia, ma anche per gli altri paesi europei, tra cui l’Italia, che stanno discutendo di come non perdere un’altra stagione turistica.

HIV
Un nuovo vaccino sperimentale contro l’HIV (il virus collegato all’AIDS) in fase di sviluppo da alcuni anni ha dato i primi risultati promettenti, e potrebbe aprire la strada a nuovi sistemi per proteggere dalla malattia anche grazie alle conoscenze accumulate nell’ultimo anno con i vaccini a RNA messaggero (mRNA) contro il coronavirus. A oggi non esiste un vaccino efficace contro l’HIV, mentre sono disponibili terapie per tenere sotto controllo l’AIDS ed evitare che faccia troppi danni. Il test clinico (di fase 1 su 3) ha per ora riguardato un numero molto limitato di individui e richiederà numerose altre sperimentazioni, ma i ricercatori hanno mostrato comunque un certo ottimismo sulla possibilità di ottenere un vaccino efficace a sufficienza.

Fatica
Recenti ricerche hanno portato a individuare un fenomeno ormai noto come “affaticamento da Zoom”, espressione che sintetizza e descrive una serie di difficoltà poste dalle sfinenti sessioni di videochiamate e videoconferenze che in moltissimi casi hanno sostituito le interazioni dal vivo negli ambienti di lavoro, ma non solo, a causa della pandemia. Secondo uno studio, le donne trascorrono complessivamente più tempo degli uomini in videoriunioni e hanno pause più brevi tra una videochiamata e l’altra. La ricerca, condotta su un campione di 10.591 persone, mostra inoltre una prevalenza della sensazione di essere «fisicamente in trappola», determinata dal dover rimanere nell’inquadratura.

Noi vi liberiamo subito, ripromettendoci di scrivervi con la solita discrezione martedì prossimo. Buon fine settimana, anche a chi di voi si dedica all'hobby più strano della pandemia. Ciao!
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