L'incendio oltre la siepe
di Corinna De Cesare
È proprio vero, abbiamo tutto: un posto al comando della Banca centrale europea, alla presidenza della Commissione europea, alla vicepresidenza degli Stati Uniti d'America, c'è "una donna" cancelliera federale della Germania da quindici anni, una trentenne premier della Finlandia ma "che altro volete"? Che altro vogliamo? "Ma che avete ancora da lamentarvi"? Perché ci lamentiamo?
Poi bastano pochi giorni e all'improvviso la polvere nascosta sotto il tappeto riappare e scoppia l'incendio oltre la siepe: Ursula von der Leyen lasciata in piedi e poi costretta ad accomodarsi sul divanetto di lato, distanziata da due uomini al centro dell'incontro istituzionale; Beppe Grillo che diffonde un video online intriso di cultura dello stupro e vittimizzazione secondaria; una sterminata platea di uomini che, "in quanto padri", solidarizza sui social con il genitore sbagliato. Ossia quello che urla, attraverso un megafono enorme, che le vittime di violenza sessuale non aspettano otto giorni per denunciare, che non fanno subito dopo kitesurf; l'uomo che grida ancora oggi "boys will be boys" per giustificare un gruppo di ventenni accusati di stupro. L'uomo che insomma ci conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, che c'è un motivo ben preciso per cui ancora oggi le donne non denunciano gli abusi e le violenze sessuali: non saranno credute, verranno accusate di essere delle bugiarde arriviste. E tendenzialmente, sul banco degli imputati ci finiranno sempre loro. Come raccontava nel 1979 Processo per stupro e come racconta ancora oggi Unbelievable, la serie tv disponibile su Netflix tratta da una storia vera con Marie Adler che ritratta la violenza sessuale subita per paura di finire in galera, dopo essere stata intimorita e messa allo stremo delle forze proprio da due agenti di polizia. Non è fiction, è vita reale, ed è quella che viviamo noi donne nella quotidianità, quando cresciamo e diventiamo adulte e ci accorgiamo di avere un problema senza nome: "anche se abbiamo fatto tutto quello che c'era da fare, anche se abbiamo raggiunto quel che ci eravamo prefissate, c'è qualcosa che ci rende infelici. Un tassello mancante, un problema senza nome. A volte questa assenza è disperata, a volte tutto va avanti così velocemente che non ci pensiamo più ma appena il ritmo rallenta, ecco riaffacciarsi la solita inquietudine a cui non troviamo risposta". Lo racconta un libro molto bello, "Liberati dalla brava bambina" in cui Maura Gancitano e Andrea Colamedici scrivono una cosa che mi è tornata in mente proprio in questi giorni dopo il video di Beppe Grillo. "La ragione per cui sentiamo questa insoddisfazione bruciante è banale nella sua semplicità eppure è importantissima: siamo donne". E questo non vuol dire, come ci hanno ripetuto per anni, che siamo dolcemente complicate. Che quando diciamo No, significa SI. Che siamo isteriche e pettegole, nemiche di noi stesse. Significa che siamo parte di una storia di sottomissione, violenza, abuso, silenzio che non riusciamo a scrollarci di dosso neanche ora che abbiamo occupato la poltrona più importante della Commissione europea e continuiamo a essere lasciate sul divanetto. E anche se non l'abbiamo vissuta in prima persona la violenza, ci sentiamo come quella ragazza accusata di essere una bugiarda perché ha denunciato uno stupro dopo otto giorni. Le indagini sono in corso, la verità giudiziaria arriverà ma ho conosciuto tantissime donne che non hanno mai denunciato, ho conosciuto ragazze che hanno preso consapevolezza di essere state abusate solo dopo anni di terapia, ho vissuto sulla mia pelle il cosiddetto freezing emotivo quando la paura ti paralizza e non riesci neanche ad urlare, figurarsi a reagire. Quello che ci portiamo dentro è la memoria di tutto quello che altre donne hanno subìto nel corso della storia per essere libere di realizzarsi ed è frutto di quello che continuiamo a subire ancora oggi. La paura di essere sopraffatte dal carico mentale, la paura che ci venga detto che non possiamo parlare, la paura di perdere il lavoro se restiamo incinte, la paura di essere molestate in ufficio, la paura di tornare a casa di notte da sole, la paura di essere fraintese se accettiamo un invito per un drink, la paura di vivere in un mondo ostile. Quello in cui un uomo adulto leader un movimento politico può urlare in un video "boys will be boys" e dall'altra parte dello schermo troverà tanti altri uomini e donne (ehy, ciao ancelle!) a dire "lo capisco". "Capisco il dolore di un padre". Venti mila MI PIACE sotto il video di Beppe Grillo, venti mila coltellate inferte a una ragazza che ha denunciato uno stupro. La polvere sotto il tappeto è questa, l'incendio oltre la siepe divampa. Abbiamo Christine Lagarde alla Banca centrale europea, Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea, Kamala Harris alla vicepresidenza degli Stati Uniti d'America, c'è Angela Merkel cancelliera della Germania da quindici anni, Sanna Marin premier della Finlandia ma milioni di donne in tutto il mondo continuano ad avere un problema enorme a cui, da tempo, hanno dato un nome ben preciso: il patriarcato. 
L'autrice
Corinna De Cesare, 38 anni, è giornalista del Corriere della Sera. Proud founder di thePeriod, il 22 aprile è uscito il suo romanzo d'esordio: "Ciao per sempre", Salani editore

 
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Femmina scorpione
di Benedetta Lozito
C’era solo una cosa che mia madre temeva più di una figlia femminista, queer, comunista, scassacazzi, logorroica e pure prematura: una figlia scorpione. Ma facciamo (purtroppo tanti) passi indietro e veniamo alla mia nascita; c’erano i maglioni a collo alto, gli Spandau Ballet, si potevano fare orribili pubblicità razziste in tv e mia madre e mio padre avevano deciso che prendere precauzioni a quarantré anni fosse ormai superfluo. Ed eccomi qui, io bravo feto artigliomunito, che sin da subito stabilisco che i gender reveal parties puzzano un po’ tanto di patriarcato. Decido quindi di farmi ben tutta la gravidanza di mia madre girata di culo. Qualcun* starà pensando che tutto in fondo è un segno. Non vi giudico. Ma, bisogna sottolinearlo, la posizione adottata mi permise di avere per un sacco di tempo una quantità industriale di fighissimi completini verdi, arancioni, bianchi, grigi, senza scritto sopra che fossi una principessa da salvare (I was so cool), ma anche, molto probabilmente, di premere talmente tanto e male nella pancia di quella povera donna da rischiare di uscirne fuori molto prima. Di culo. Ma, c’è un ma ed è sempre lo stesso con cui ho iniziato questo pezzo: c’era solo una cosa che mia madre temeva più di una figlia femminista, queer, comunista, scassacazzi, logorroica e pure prematura: una figlia scorpione.
Per scriverne, sto facendo delle ricerche online super acculturate tipo i meme su Pinterest ma oh, vorrei lasciarvi pure una carrellata di donne scorpione che non è affatto male: Grace Kelly, Monica Vitti, Dacia Maraini, Nadia Comaneci, Winona Ryder, Katy Perry e Vanessa Ferrari, tra le tante. Il punto è che lo scorpione è un segno femminile governato da Marte, un po’ gender fluid ecco; da sempre siamo associat* all’occulto (streghe, nate a Samhain), al rischio e al dramma, al fuoco in cui ci buttiamo per sopravvivere (ben consapevoli di essere un segno d’acqua), alla furbizia e a una lingua estremamente ironica e tagliente. Essendo poliamorosa non conosco tanto bene la questione della gelosia ma compenso benissimo con le reazioni esplosive e spropositate e una lista di persone da sterminare: dal bambino che mi ha fregato il tegolino in terza elementare fino all’ultimo ex problematico, roba che Arya Stark, come si dice qui da noi a Parigi, me farebbe ‘na ricca pippa.
Se ho capito una cosa è che vediamo il pericolo e sorridiamo appena un attimo prima di corrergli incontro, ma anche che dopo un po’ riusciamo persino a vivere una vita normale, ci mettiamo le nostre protezioni, dentro e fuori. Ma non siamo ancora ai lati positivi. Per esempio, un tempo c’era questa leggenda metropolitana sullo scorpione che quando la vede brutta si suicida pungendosi con la coda. Si prestava perfettamente alla narrazione dei vestiti lanciati dai balconi, dei pugni al muro, delle relazioni troncate a metà per paura, delle fughe nel cuore della notte con le scarpe in mano e il trucco colato, eccetera eccetera. Peccato che sia falso. Sull’insettone ci torniamo, promesso. Intanto, riprendiamo da dove avevo lasciato: mia madre che partorisce. Dopo un cesareo d’urgenza (avevate dubbi?) la ginecologa mi consegna a mio padre guardandolo dritto negli occhi e pronunciando un: "è pure femmina" che riecheggia ancora oggi per tutta la sala parto. Vi immaginerete che, crescendo, la situazione non sarà stata delle più rosee e più mi dicevano che ero problematica, più scalciavo. Nel frattempo metabolizzavo abusi infantili, esperienze traumatiche, abbandoni; cercavo di dare un senso a quella diversità che sentivo dentro le ossa, esploravo, urlavo. Il problema ero sempre e comunque io. Il “pregiudizio” sulla donna scorpione, se così possiamo chiamarlo, nasce da un presupposto di indomabilità: più siamo accondiscendenti, docili, gentili, “femminili”, più meritiamo l’approvazione maschile. Il “male gaze”, il sacro sguardo virile che scende su di noi e ci proclama sante o puttane, ha deciso secoli fa in quale delle due scatole porre le “streghe” e insieme ad esse le donne forti. Non a caso, siamo nate proprio nel periodo dell’anno in cui il velo fra “i due mondi” si fa sottile, il più simbolico e importante di tutta la magia antica e moderna. La donna scorpione è la fattucchiera, quella che non si piega ai dettami della società, la non madre, non sposa, e non nel senso che non lo sarà mai ma che prima è altro e rimarrà per sempre altro. La donna che chiede spiegazioni circa i comportamenti dei maschi, che pretende rispetto in ogni tipo di rapporto, dal sesso all’amicizia; la donna che esprime rabbia, pretende diritti per sé e per le altre, che non ci sta al tone policing, al sentirsi dire che sta esagerando. Di donne così, ne ho conosciute diverse. Anche se non nate né a Ottobre né a Novembre. Sono le mie amiche, le mie amanti, le mie sorelle ed è di loro che amo circondarmi. Oggi ci piace chiamarle femministe. Perché in fondo all’allineamento dei pianeti ci credo poco, ma mi piace pensare che il pungiglione ci cresca soprattutto quando siamo a contatto l’una con l’altra. Per imparare a difenderci, per lottare, anche per quelle che ancora l’esoscheletro non ce l’hanno e magari non lo avranno mai. Va bene così. Lo scorpione non si suicida, è una leggenda (sbagliata) sulla sua natura. Lo scorpione muore di caldo nel deserto e lotta fino alla fine, agitando la coda, per questo sembra che si punga da solo. Ma è solo l’ultimo sprazzo di ribellione. “Non mi avrete mai come volete voi”. È più un canto del cigno. Capito l’artropode? D’altronde, ormai l’avrete capito, amiamo lasciare il segno.
L'autrice
Benedetta Lo Zito, 33 anni, autrice e inclusivity consultant, romana a Londra. Fondatrice del progetto Suns - End rape culture. Per sempre una cat person
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La mia ossessione per le stelle
di Alba Antonia Uttaro

All'inizio, quando tutto andava bene, erano segni zodiacali stilizzati color argento su sfondo blu e polvere di stelle, un motivetto indimenticabile (ma non memorizzabile). Era mattina presto, prima di andare a scuola e sentivo una voce maschile soffermarsi per pochi secondi sulla giornata di ciascuno dei dodici segni, tra le previsioni del tempo e la rassegna stampa. Era mia nonna che ascoltava Branko perché aveva una voce bellissima; tutte le volte mi diceva: "che poi lui faceva i fotoromanzi". All'inizio sapevo di essere "dello" scorpione (oggi dico "sono una scorpione", porto un ciondolo al collo).
Non so esattamente quando tutta questa storia sia sfuggita al mio controllo.
Dev'essere stato quando quell'estate di mille anni fa ho trovato nella libreria della casa al mare un libro azzurro sull'astrologia, scritta del titolo in rilievo (color argento) dal quale apprendo per la prima volta di avere l'ascendente in cancro (adesso quel libro è logorato, spaccato al centro). Per molti anni ho coltivato un interesse costante ma moderato, mi sono sempre informata (credo) sui segno zodiacali dei miei amici. Ma dev'essere successo qualcosa nel frattempo, perché oggi ho un post-it attaccato in cucina che cito testualmente: "qui gente del gemelli non entra". Il primo colpevole è stato ovviamente Paolo Fox (giacche indimenticabili e crioconservazione, l'astrologia è forse antirughe?). La classifica annuale, la classifica settimanale e infine (la vera fine) l'app. Astri di Paolo Fox, era il 2015, avevo il cuore spezzato e forse, avevo bisogno di cercare conforto nelle stelle, ma da qualcuno che non dicesse solo cose belle. Lui era spietato, non faceva sconti, scorpione calo fisico (mi sentivo stanca) scorpione sta andando male (andava malissimo, piangevo sempre) ma passerà (è passata). Paolo convinceva gli scettici, ho visto ricercatori in meccanica celeste crollare sotto l'implacabile accuratezza dell'oroscopo del pesci di Paolo Fox di quel giorno. Del costante peggioramento mi sono accorta quando ho iniziato a leggere l'oroscopo dei ragazzi che mi piacevano molto per sapere se avrebbero passato una bella giornata (lascia stare, bilancia, ti spezzerà il cuore). Rob Brezsny, poi. Leggo tuttora l'oroscopo (settimanale) di tutti i segni, sono sicura che lui sappia benissimo cosa sto vivendo e cosa sarebbe meglio per me; la sua è un'opinione che tengo molto in considerazione, mi fa piacere che citi illustri del mio stesso segno.
Il declino è stato inesorabile. Non posso davvero prendere posizione su una nuova conoscenza se non ho davanti il tema natale (ciao, sono Alba, mi servono luogo, data e ora di nascita, - verso le sei - VERSO le sei? puoi chiamare tua mamma, devi essere preciso). Quando il mio amico Diego mi fa innervosire perché cambia idea ogni secondo, lo apostrofo "sei proprio bilancia". Il mio amico Daniele si innamora ogni giorno, scusa sono pesci, mi dice. 
Piango senza motivo, sono in PMS? No, sono ascendente cancro. 
È il mio amore platonico, ma certo, è toro.
Sono arrivata addirittura a sostenere che qualche astrologo avesse predetto la catastrofe del 2020 (con tutti questi pianeti in capricorno, che ti aspetti). Cerco le date di nascita di attori e cantanti e sto li a pontificare su simpatie e antipatie, che sì, io lo so, sono scritte nelle stelle. Stasera c'è Titanic in TV, che segno è Leonardo Di Caprio? Ma scorpione (come me), ovvio.  Non so quanti profili Instagram di astrologi seguo ormai. C'è quello che dura un minuto della mattina presto, c'è sempre Paolo Fox, c'è la mia preferita che mi aggiorna sulle fasi lunari, su dove si trova mercurio (moto diretto o retrogrado?), sui transiti. Col tempo poi l'astrologia ha anche smesso di essere un fatto personale, è diventata l'almanacco del periodo (c'è il sole in ariete, lavoriamo sull'identità). Sono insopportabile: ci sei su Co-Star? Vediamo la nostra compatibilità oggi. La gente dei gemelli non entra in questa casa, l'ho scritto, l'ho appiccicato sul muro, ma il mio amico dei gemelli mi scrive dall'altra parte del mondo, la mia cuoca preferita è dei gemelli, qualcuno che mi fa tanto ridere è dei gemelli, una scrittrice che mi piace, ma che c'entra, l'hai visto il tema natale?  Non dubito mai, sono forte, guardo il cielo e sono sicura, le stelle lo sanno. Mi sento ingenua, naif, ma so di essere nel giusto. 
Guardo in alto e cerco la strada, non facevano così i marinai per tornare a casa? Da quando il cielo esiste guardiamo in alto per cercare le risposte e solo dopo, ai piedi, uno davanti all'altro, sperando nella strada giusta.
Stasera guardo su e la luna è piena, in bilancia, opposta al sole.
È bellissima. 
Color argento.

L'autrice
Alba Antonia Uttaro classe 1989, come Like a Prayer di Madonna. Avvocato non praticante, con il vizio della scrittura e del gossip sulla Royal Family. Ha tenuto qualche anno per il BergamoPost la Posta del Cuore, basata su un solo principio: "Se Madame Bovary avesse letto Madame Bovary, non avrebbe frenato le sue fantasticherie?"
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