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IL PENSIERO DELLA SETTIMANA
di Jeff Fountain
 

Per la gloria di Dio?


May 10, 2021

Mentre la crisi del coronavirus colpiva a fine marzo, TIME magazine pubblicava un articolo del teologo Tom Wright con il titolo provocatore: Christianity Offers No Answers About the Coronavirus: It’s Not Supposed To (Il Cristianesimo non offre risposta sul coronavirus: non è il suo ruolo). Wright respinge come ‘sospetti solitamente stupidi’ ogni idea che Dio ha mandato questa pandemia come giudizio o come punizione.

È effettivamente così che l’Antico Testamento descrive a volte le piaghe. Ed è anche il modo in cui la chiesa ha spesso interpretato le piaghe nel corso dei secoli: una chiamata al ravvedimento. John Lennox, in un’intervista online per il European Leadership Forum, nota che, quando la Bibbia dice che Dio mandava una piaga, abbiamo la parola di Dio per questo. Ma non abbiamo la parola di Dio per il Covid-19.

Gesù trattava questa domanda quando gli fu chiesto sui galilei ammazzati, il cui sangue Pilato mischiò con il sangue dei loro sacrifici nel tempio (Luca 13:2-5). “Pensate voi che quei Galilei fossero più peccatori di tutti gli altri Galilei, perché hanno sofferto tali cose? No, vi dico; ma se non vi ravvedeteperirete tutti allo stesso modo. Oppure pensate voi che quei diciotto, sui quali cadde la torre in Siloe e li uccise, fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico; ma se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo.”

In altre parole, ogni tragedia non è il risultato del peccato delle vittime. Ma ogni tragedia, compresa il Covid-19, ci rende coscienti della nostra vulnerabilità e della nostra mortalità, delle domande dell’eternità e della relazione con Dio, e ci confronta con il nostro bisogno di pentimento.

Lamenti

L’argomento di Wright è di esortarci ad imparare a pregare i salmi di lamenti. Buon consiglio. Dobbiamo piangere con chi piange. E non c’è consolazione se diciamo a chi è in lutto che i loro amati defunti sono vittime del giudizio di Dio. Ma dovremmo forse accettare la sua conclusione, che “non fa parte della vocazione cristiana, quindi, di essere capaci di spiegare ciò che succede e perché”?

Wright continua: “È effettivamente una parte della vocazione cristiana di non essere capace di spiegare, ma invece di lamentarsi.” Certo, non c’è un capitolo o un versetto che spiega perché questa pandemia deve devastare la società mondiale in quest’annata particolare del 2020. Ed è anche vero che noi cristiani non abbiamo tutte le risposte. Ma ciò pone la domanda plurisecolare di teodicea: come un buon Dio può permettere che accadano delle cose cattive? E questa è una domanda che necessita una risposta.

In primo luogo, possiamo chiederci: siamo sconvolti quando delle cose cattive accadono? Da dove viene il nostro senso di ‘cattivo’? Perché risentiamo che questo non dovrebbe accadere? Da dove viene il nostro senso di ‘dovrebbe’? Perché siamo soddisfatti di accettare semplicemente ‘il destino’, che la vita non è giusta, poco importa cosa significa ‘giusto’? Perché dovremmo pensare che questo dovrebbe essere altrimenti? Da dove viene la nostra bussola integrata d’equità e di giustizia? Se rigettiamo Dio, dobbiamo anche rigettare l’equità e la giustizia. Perché dovremmo sperare che un mondo aleatorio e accidentale, che non è nient’altro che sostanza viscosa più tempo, sia ‘giusto’?

E se fosseil caso che un buon Dio creatore fece il creato buono, ma che qualcosa è andato orribilmente storto, e che le cose non sono come dovevano essere?

È effettivamente la brutta notizia che è all’inizio della buona notizia, il Vangelo. Come lo dice Lennox, viviamo in un mondo morale spezzato e in un mondo fisico spezzato. Ma anche in questo mondo spezzato, in realtà un’ambiente totalmente unico in tutto il cosmo, il bel modello originale ispirando l’ammirazione può essere individuato.

Insensato

Eppure, le persone in lutto non cercano di solito delle risposte intellettuali. Hanno bisogno di sostegno emozionale. Il vangelo offre entrambi. Dio non ha abbandonato il suo progetto spezzato. Non ci ha lasciato nel nostro fallimento. Si è giunto in realtà alla nostra sofferenza.

Quando Gesù visitò la tomba di Lazzaro, pianse. Entrò nel lutto delle sue sorelle. Egli pianse l’interruzione della morte cosiccome per tutti i morti che il Covid-19 ha causato nel mondo intero. Poco tempo dopo, egli, il Dio incarnato, sarebbe di fronte alla sua morte orribile. Che Dio empatico!

Qualche giorno prima, Gesù disse ai suoi discepoli nel dubbio che la malattia di Lazzaro era ‘per la gloria di Dio’ (Giovanni 11:4). Ora, dopo aver dichiarato che era la risurrezione e la vita, una rivendicazione insensata ma tuttavia vera, e una dimostrazione che la morte non era l’ultima parola, comandò a Lazzaro di uscire dal sepolcro, come lo descrive qui sopra Vincent Van Gogh (con la barba rossa dell’artista!).

Non dobbiamo assumere che Dio ha afflitto il mondo con questa pandemia per compiere qualcosa cosiccome non afflisse Lazzaro, ma possiamo accettare che può usarlo per la sua gloria, anche se queste parole possono sembrare cosi pazze per noi come lo erano per i suoi discepoli.

Dopotutto, Gesù mostrò che èla risurrezione e la vita. E la fede cristiana è tutto sulla morte… e sulla risurrezione.

Fino alla prossima settimana,

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Chi ha vinto la pace?


May 10, 2021

Questa settimana, gli europei commemoreranno, in modi diversi, la fine della seconda guerra mondiale settantacinque anni fa. Per certe persone, come per i Britannici e i Russi, viene celebrata come essendo la vittoria. Per altri, come per gli olandesi, belgi e francesi, come essendo la liberazione. Per altri ancora, come per i popoli degli stati baltici e d’Europa centrale, sarà il ricordo del triste scambio di occupante per un altro. La liberazione avrà dovuto aspettare quarantacinque anni per questi europei.

Oggi è il Giorno del Ricordo in Olanda, con una cerimonia televisiva questa sera (lunedì 4 maggio), dopo che la coppia reale avrà camminato attraverso la Piazza Dam vuota, per posare delle corone di fiori sul monumento di guerra. Domani (martedì 5 maggio), il Giorno della Liberazione olandese, le commemorazioni saranno di nuovo ridotte dalle circostanze attuali. Le condizioni ristrette nelle quali ci ritroviamo ci aiuteranno forse a capire le sfide che i nostri genitori, nonni e bisnonni fronteggiarono.

Troppo spesso, dimentichiamo che la morte di Hitler non ha automaticamente garantito la pace ad un’Europa traumatizzata e spezzata. Le scene euforiche di soldati alleati dando cioccolata, sigarette e baci alle folle sventolando bandiere hanno presto lasciato lo spazio alla realtà ardua di ricostruire un’Europa devastata e divisa. Vincere la guerra è una cosa. Ma chi ha vinto la pace?

Il caos minacciava da tutte le parti. L’odio e il rancore verso il nemico e i collaboratori avvelenavano gli atteggiamenti popolari sia presso i vincitori sia presso gli sconfitti. Delle famiglie furono separate, divise e distrutte. Delle ferite profonde suppuravano fisicamente, psicologicamente e spiritualmente. La fame, la povertà e la disoccupazione aggiungevano alle miserie delle ferite e dell’agitazione, eclissando totalmente tutto ciò che sperimentiamo attualmente in Europa. La guerra fredda stava per iniziare. Le generazioni attuali non hanno mai conosciuto il clima di sfiducia e di sospetto, di crisi e di conflitto che dominava l’Europa nei cinque anni del dopoguerra.

Riconciliazione

Oggi, un tal conflitto tra le nazioni dell’Unione europea sarebbe impensabile, grazie a Dio! Questo fu in gran parte grazie alla storia di riconciliazione dopo la seconda guerra mondiale. Centrale a questa storia fu un politico-giurista francese modesto, riconosciuto come il ‘Padre dell’Europa’, Robert Schuman. Traendo la sua ispirazione nella sua fede cristiana e nell’insegnamento cattolico sociale, cercò un’alternativa all’antico ordine di stati nazioni rivali che aveva portato a ripetute guerre. Anche quando fu incarcerato dai nazisti all’inizio della guerra, e ancora una volta dopo aver fuggito e essersi nascosto, scriveva che “Noi, francesi, dovremo imparare a perdonare e ad amare i tedeschi per ricostruire l’Europa del dopoguerra.” Per tanti, questo sembrava tradimento. Dopo la guerra, quando fu nominato ministro degli affari esteri, Schuman continuò di cercare un modo di evitare il ciclo vizioso della guerra.

Esattamente settant’anni fa questo sabato 9 maggio 1950, Schuman comunicò un piano in un discorso di appena tre minuti. Questo fu certamente il momento decisivo dell’Europa del dopoguerra! Perché questo discorso posò le fondamenta della casa europea nella quale mezzo miliardo di persone di ventisette nazioni vivono insieme nella pace. Sin da quel momento, c’era un piano sul tavolo con l’obiettivo, secondo il pensiero di Schuman, di formare una “comunità di popoli profondamente radicata nei valori cristiani di base.” Questi valori scorrevano direttamente dagli insegnamenti di Gesù, affermava Schuman. La vera democrazia era “evangelica”, egli scriveva, radicata nel vangelo, incorporata nella dignità di ogni persona creata all’immagine di Dio, e nell’uguaglianza morale degli umani.

Interdipendenza

Il 9 maggio è stato sin da allora riconosciuto come la data di nascita dell’Unione europea ed è celebrato (o ignorato) come la Giornata dell’Europa nelle nazioni membri.

Ci ricordiamo dei sacrifici fatti per porre fine alla guerra. Celebriamo il restauro della libertà. Dobbiamo anche affermare la nostra connessione e la nostra interdipendenza mentre apprezziamo le nostre identità nazionali uniche. Cosiccome gli umani hanno bisogno di un’autonomia sana, abbiamo bisogno di connessione. Particolarmente in questi giorni di nazionalismo malavvisato, di xenofobia e di autoritarismo crescente, dovremmo esprimere la gratitudine per appartenere alla famiglia europea diversificata dei popoli. Sul sito web www.may9.eu, proponiamo tanti modi in cui possiamo celebrare la Giornata dell’Europa come essendo ‘La Giornata insieme per l’Europa’, o ‘La Giornata dell’Interdipendenza’o ‘La Giornata della famiglia europea’: un pranzo multiculturale, guardare dei film o visualizzare dell’arte online da vari paesi. Siate creativi!

Possiamo partecipare ad eventi previsti in varie nazioni e adatti online, come a Graz, dove austriaci, sloveni, italiani, ungheresi e croati si collegheranno via internet, o ad Utrecht dove un forum online parlerà di scenari futuri per l’Europa.

Consentitemi di invitarvi ad un Forum sullo stato dell’Europa online, inizialmente previsto questo fine settimana a Zagabria, sabato dalle ore 18 (CET), all’ora esatta del discorso ‘bomba’ di Schuman settant’anni fa. Degli ospiti da otto paesi, politici, universitari e professionisti, parleranno del significato del 9 maggio, del ruolo di Schuman, dello stato di un Europa attraversando oggi la crisi del coronavirus, e di ciò che possiamo ancora imparare dal Padre dell’Europa mentre ci prepariamo a ricostruire l’Europa del dopo coronavirus.

Potete collegarvi tramite la nostra pagina Facebook (Centro Schuman – lingua italiana) o la nostra pagina Youtube.

Fino alla prossima settimana,

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Il canto della libertà


May 10, 2021

Oggi alle 10 (lunedì 27 aprile), i cittadini d’Olanda saranno sui loro balconi, alle loro finestre e nei loro giardini di tutto il paese per cantare insieme le parole misteriose della prima strofa dell’inno nazionale più antico al mondo, il Wilhelmus.

Per questo Koningsdag, la giornata del re, il compleanno di re Willem Alexander, quando tradizionalmente, gli olandesi creano un mare arancione con bandiere, striscioni, berretti e magliette affluendo verso i luoghi pubblici per dei concerti e delle festività bonarie.

Ma quest’anno, per la prima volta sin dalla Liberazione 75 anni fa, le strade e le sale dei concerti restano vuote. Il confinamento ha forzato la cancellazione della visita reale della città di Maastricht.

Tuttavia, la festa continua sotto il titolo: Koningsdag Thuis (il giorno del re a casa). Ciò significa cantare il Wilhelmus, accompagnato dall’orchestra Koninklijke Concertgebouw in diretta su zoom.

Simpatico per gli olandesi, voi direste.

Ma un attimo. C’è qui uno sfondo sul modo in cui libertà si è diffusa nel nostro mondo. Perché la festa celebra la nascita sanguinosa della nazione, frutto di uno lotta per la libertà di coscienza e di religione, trasformando l’Olanda in un laboratorio per la libertà, attraendo gli innamorati della libertà come Descartes, Spinoza, Locke, Comenio e i padri pellegrini.

Ecco quel che dice la prima strofa del Wilhelmus(una delle quindici strofe che mia moglie ha imparato a memoria a scuola):

   Wilhelmus van Nassouwe ben ik, van Duitse bloed.(Guglielmo di Nassau io sono, di sangue tedesco).

   den vaderland getrouwe blijf ik tot in den dood.(Sarò fedele alla mia patria fino alla morte)

   Een Prinse van Oranje, ben ik, vrij, onverveerd,(Un principe di Orange io sono, libero, impavido)

   den Koning van Hispanje heb ik altijd geëerd.(Ho sempre onorato il re di Spagna)

La prima lettera di ogni strofa scrive W-I-L-L-E-M—V-A-N—N-A-Z-Z-O-V – l’antica ortografia per Willem van Nassau (Guglielmo di Nassau). Nassau fu un ducato in Germania, e Orange un principato indipendente nel sud della Francia (come Monaco). Il nostroGuglielmo è di Nassau, ed era quindi tedesco (vedere prima linea). Eppure, la Germania è diventata una nazione soltanto 300 anni dopo. Quindi, qual era la patria della seconda strofa? Il Sacro Romano Impero? In effetti, una strofa strana che gli olandesi cantano comunque così giovialmente. I Paesi Bassi, che non esistevano ancora, non sono menzionati in tutto il canto.

Tirannia

Da bambino, Guglielmo aveva ereditato il principato di Orange, aprendogli le porte della corte imperiale di Carlo V a Bruxelles. Più tardi, diventò emissario dell’imperatore a Parigi, frequentando la nobiltà di tutta l’Europa. Ormai un europeo cosmopolita, si concertava con tanti aristocratici, compresi dei responsabili ugonotti francesi.

Il canto è scritto nel 1572, quattro anni dopo che Guglielmo decise di guidare una rivolta contro la violenza spietata contro i protestanti nei Paesi Bassi medievali, segnando l’inizio della guerra di ottant’anni con la Spagna. Egli dichiarò in primo luogo la sua lealtà (quarta linea qui sopra) a Filippo II, il re di Spagna e sovrano asburgico dei Paesi Bassi medievali, accusando i viceré di Filippo per le ingiustizie.*

Alla fine, Guglielmo riconobbe Filippo essendo il vero tiranno. Filippo dichiara Guglielmo fuorilegge. Una strofa dichiara la fiducia di Guglielmo in Dio che ‘toglierà la tirannia’, la quale spezza il suo cuore. Un’altra strofa paragona Guglielmo con Davide fuggendo dalla presenza di Saulo il tiranno.

Quel che è in gioco è il diritto di adorare liberamente, di seguire la propria coscienza, e non quel che il monarco impone. “In un paese libero, le lingue dovrebbero essere libere!” aveva prima protestato Guglielmo quando decise di guidare la rivolta, citando Erasmo.

Dilemma

I magistrati olandesi degli stati provinciali avevano fronteggiato un grande dilemma. Avevano giurato fedeltà a Filippo, un giuramento che non si spezzava alla leggera. Ma il 14 giugno 1581, invocando che Filippo era un ‘falso pastore’ per aver abbandonato il suo ‘gregge’ olandese, i rappresentanti dello stato ribelle redassero l’Atto di abiura, il Plakkaat van Verlatinghe(letteralmente il ‘cartello della diserzione’), per dichiarare il trono vacante. Le sette Provincie Unite diventarono debitamente una repubblica federale, il primo stato nazione olandese pienamente indipendente. Guglielmo, assassinato nel 1584, non è mai diventato stadhouder o re. Sarà soltanto 230 anni dopo che il Congresso di Vienna del 1815 stabilirà la casa di Orange come monarchia olandese, con i discendenti di Guglielmo dirigendo fino a Willem Alexander oggi.

Il Plakkaat van Verlatinghe è una delle prime dichiarazioni dei diritti dei cittadini di rovesciare un tiranno. Nel 1689, i britannici seguirono gli olandesi con la dichiarazione dei diritti del 1689, spodestando il re cattolico Giacomo II. Intronizzarono il pronipote di Guglielmo d’Orange, stadhouder, e non re, nella Repubblica olandese, come Re Guglielmo d’Inghilterra, di Scozia e d’Irlanda.

La forte somiglianza della Dichiarazione d’indipendenza americana del 1776 con il Plakkaat van Verlatinghe, giustificando il rovescio della tirannia britannica, ha portato certi esperti a concludere che fu ispirata dagli olandesi. La Dichiarazione americana fu a sua volta l’ispirazione per la libertà in tanti altri paesi come in America latina, in Africa e in Asia.

Oggi, per gli olandesi, l’arancione è il colore della libertà, e il Wilhelmus è il suono della libertà, risvegliando l’oranjegevoel (il sentimento arancione).

Per gli olandesi, vale la pena cantare a squarciagola.

I Paesi Bassi medievali corrispondevano, grosso modo, all’Olanda, il Belgio, il Lussemburgo e il nord della Francia

 

Fino alla prossima settimana,

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Meditate sui fiori!


May 10, 2021

Ho letto la settimana scorsa che una delle cose ‘buone’ della nostra crisi attuale è che non siamo più preoccupati dal cambiamento climatico.

Siamo ormai preoccupati su come sopravvivere agli arresti domiciliari con i nostri bambini e il nostro sposo (la nostra sposa), evitare che nonna muoia in un isolamento spaventoso nella sua casa di riposo, continuare con la routine della scuola a casa, fare la spesa, consolare l’amico il cui parente è stato vittima del virus o rimanere sano mentalmente guardando delle vecchie partite di calcio, dei vecchi gialli o dei vecchi concerti di André Rieu.

Ho imparato qualcosa su come (non) preoccuparsi in un passeggiata mattutina per le strade deserte nel centro di Amsterdam la settimana scorsa. Io e Romkje siamo stati fermati dai fiori nelle strade, nelle fioriere, sui reverberi, sulle scale, sulle case galleggianti, sui rami fioriti, facendo fedelmente ciò perché sono state create: dare colori, bellezza, varietà, ordine, riposo, profumo e un sentimento di meraviglia nei nostro mondi tormentati.

Sono sempre state lì ovviamente, nello sfondo indistinto che si può vagamente notare quando si va in bici o si cammina velocemente verso il nostro prossimo appuntamento. Ma ormai, senza essere distratti dai ciclisti, dalle macchine o dai pedoni, la loro presenza tranquilla e colorata balza fuori.

Sembrano attrarci. Aspettavano che io rallenti abbastanza, apparentemente, per realizzare che avevano qualcosa da dirmi. “Ascolta!” sussurrano tutti. “Non siamo soltanto delle belle decorazioni. Noi, e tutto il creato, abbiamo cose da dirvi, se soltanto ascoltate.”

D’accordo, ascolto.

Semplice

“Ecco! In primo luogo: amiamo la luce! Dobbiamo tutto alla luce. Senza luce, non possiamo crescere. È semplice, anche per noi, fiori senza cervello. Perché gli uomini amano le tenebre? Perché voi, umani, pensate che non avete bisogno della luce, che potete decidere secondo le vostre regole? Pensate a questo: cosa non va con voi, umani? Amate la luce! Ricevete tutto ciò che potete!”

“Mentre ognuno di noi arrampica verso la luce, puntiamo verso il Genio Creatore dietro alla nostra esistenza. È sempre qui, sempre qui, sempre guardando, sempre presente, sempre sopportando. È Signor Sostenibilità! Ha inventato tutta la verdura, tutti i colori dell’arcobaleno, e ben oltre quel che potete immaginare. Ognuno di noi è un segno di trascendenza, un testimone silenzioso di un’immagine più grande, provocando la questione: da dove viene la bellezza? Perché una bellezza come la nostra esiste se tutto è soltanto un’incidente aleatorio di sostanza viscosa più tempo?”

“Noi, fiori, arricchiamo la vita umana. Eleviamo gli spiriti umani. Nel più profondo di voi, lo sapete tutti ma non potete spiegarlo. Portiamo la consolazione nei funerali e la gioia nelle feste. ‘Ditelo con i fiori!’ voi dite.”

“Ognuno di noi è unico. Siamo di tipi e di colori diversi: rose, tulipani, crochi, narcisi, garofani, azalee, crisantemi, dalie, ciclamini, orchidee, iridi, gerani, e ben oltre ancora. Ma come voi, umani, siamo creati con individualità, da un Creatore personale.”

Nessun’altro posto

“In qualità di fiori, siamo unici in un altro modo, come gli umani. Esistiamo in nessun’altro posto in questo enorme cosmo. Siamo rare decorazioni cosmiche. Fortunata coincidenza? I vostri scienziati pensano che il pianeta più vicino simile alla terra, dove la vita come la conosciamo potrebbe essere appena possibile, dove l’acqua potrebbe magariesistere in forma liquida come nel canale della foto dietro di noi, si trova soltanto a 22 anni luce: molto rassicurante! Nonostante le fiabe di Star Wars e di Star Trek, la realtà pratica è che tutta la vita come la conosciamo esiste da nessuna parte se non in questa scheggia finissima d’atmosfera, sottile come la carta, avvolgendo il nostro pianeta. Meditateci su durante questo confinamento.”

“Noi, fiori, abbiamo bisogno di radici. Tagliati da queste, siamo condannati, anche se la nostra bellezza perdura per qualche giorno. Le radici sono la nostra fonte di vita. Da dov’è venuta questa vita in primo luogo? E come continua a risorgere, primavera dopo primavera? Non possiamo reinventarci, o concepire i nostri futuri. È strano che voi, professori intelligenti, non capiate questo. Per noi, la vita è ben più breve di voi. Che questa crisi vi faccia meditare sulla vita e sulla morte, su ciò che è davvero prezioso. Che i cieli più chiari e l’aria più pura, in questa chiusura, ispiri il cambiamento nello stile di vita di ognuno.”

“Possiate ascoltarci, ascoltare il resto del creato, e le parole del Creatore incarnato, senza chi niente di fatto sarebbe stato fatto.”

Considerate come crescono i gigli della campagna: essi non faticano e non filano; eppure io vi dico, che Salomone stesso, con tutta la sua gloria, non fu vestito come uno di loro. Ora se Dio riveste in questa maniera l’erba dei campi, che oggi è e domani è gettata nel forno, quanto più vestirà voi o uomini di poca fede? Non siate dunque in ansietà… il domani si prenderà cura per conto suo. Gesù in Matteo 6.

I miei occhi si sono inumiditi di lacrime. Questi fuori mi parlano davvero.

Fino alla prossima settimana,

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Un avvertimento della Settimana santa


May 10, 2021

Questa Domenica delle Palme fu di natura diversa, con le porte di chiese chiuse nel mondo intero. Nessun corteo di bambini con palme nelle chiese, ad esempio, nonostante gli sforzi creativi effettuati per celebrare sulla rete.

Con più tempo per riflettere del solito, consideriamo un aspetto della settimana santa spesso trascurato, il quale offre una lezione opportuna per noi in Europa e altrove oggigiorno.

Mentre la folla acclamava Gesù arrivando a Gerusalemme, Egli non stava probabilmente pensando a ciò che stava per accadergli, secondo la descrizione di Matteo, capitolo 21. Gesù menziona la sua morte imminente solo cinque capitoli dopo, due giorni prima della Pasqua.

Leggete i suoi atti e le sue parabole nei capitoli 21 & 22: la purificazione del tempio, la maledizione del fico, la parabola dei due figli, la parabola dei vignaioli, seguita dalla parabola della festa delle nozze. Nessuna di queste si focalizza sulla sua morte prossima. Leggete i sette mali pronunziati nel capitolo 23 sui Farisei che Egli chiama serpenti e razza di vipere, e l’avvertimento serio della casa che diventa devastata: Gerusalemme e il tempio saranno distrutti, precisa Gesù nel capitolo 24 ai suoi discepoli increduli.

Finora, Gesù ha fatto un solo riferimento velato sulla sua morte prossima: la storia dei vignaioli che uccisero il figlio del maestro. Invece di questo, Egli parla del suo desiderio di radunare i figli di Gerusalemme, ma non lo vogliono. Anche se, prima del suo arrivo a Gerusalemme, parlò tre volte (16:21, 17:22, 20:17) della sua sofferenza e della sua morte imminente ai suoi discepoli, non c’è menzione di questa fino a poche ore prima del suo arresto.

Filo conduttore

Quindi, cosa preoccupa i suoi pensieri? Qual è il filo conduttore attraverso queste storie e questi atti? È sicuramente il destino d’Israele e degli Ebrei che non hanno riconosciuto il giorno della loro visita. Considerate:

  • La purificazione del tempio: una casa di preghiera per tutti i popoli trasformata in centro commerciale, rappresentava il giudizio di un popolo che aveva dimenticato perché fu scelto: per essere una luce per i pagani.
  • Il fico era maledetto perché era infruttifero. Quale frutto Israele avrebbe dovuto portare?
  • Chi era il figlio minore che accettò di fare la volontà del padre, ma non la fece: gli Ebrei? E il figlio maggiore che rifiutò inizialmente ma poi obbedì: i pagani?
  • La festa delle nozze racconta la storia dei conviti (gli ebrei) che erano troppo occupati per venire; i proscritti (leggete i pagani) furono poi invitati.

Il passaggio chiave sembra essere la storia dei vignaioli malvagi (21:33-46), che uccisero i messaggeri del maestro e poi il suo proprio figli, sperando di ereditare la proprietà. Gesù chiede alla folla di giudicare: “Cosa farà il maestro a questi vignaioli?” Tutti sapevano la risposta: “Egli farà perire miseramente quegli scellerati, e affiderà la vigna ad altri vignaioli, i quali gli renderanno i frutti a suo tempo.”

“Esattamente!” risponde in pratica Gesù, aggiungendo poi: “Perciò vi dico che il regno di Dio vi sarà tolto e sarà dato a una gente che lo farà fruttificare.”

I versetti più tristi

Pensate. Questi sono forse fra i versetti più tristi del Nuovo Testamento! Mentre Paolo dà la speranza per Israele e per gli Ebrei in Romani capitoli 9 e 11, Gesù, in verità non lo fa.

Incredibilmente, Gesù non è qui preoccupato dalla sua sofferenza personale imminente. Si focalizza invece sull’opportunità persa per il suo popolo e sulle conseguenze tragiche.

Cosa c’entra con noi in Europa oggi?

L’ondata di nazionalismo attuale può tentarci di ripetere l’insufficienza tragica d’Israele: l’etnocentrismo. Invece di adottare gli obiettivi di Dio per tutti i popoli, Israele si focalizzava di essere la Prescelta. Dimenticò la ragione per la quale fu scelta: per benedire tutti i popoli del mondo, e per essere una luce per tutti i popoli. Troppo spesso, adottavano una politica ‘Prima Israele’.

Nel capitolo 24, Gesù descrive la Grande Commissione come la buona novella del regno di Dio essendo condiviso fra tutti i popoli del mondo. Anche i discepoli non l’hanno capito all’inizio. Quando Gesù apparve loro dopo la Risurrezione, gli chiesero effettivamente: “Signore, è in questo tempo che ristabilirai il regno a Israele?” (Atti 1:6).

Ecco un avvertimento per noi tutti, quando siamo tentati di adottare il nazionalismo religioso e di mantenere le distanze con gli stranieri ‘per preservare la nostra eredità cristiana’. Il vangelo è inclusivo, destinato a tutti i popoli. Siamo dei popoli migliori quando siamo coinvolti per il benessere degli altri, cioè per ‘amare il nostro prossimo’. In particolare in questo tempo di crisi mondiale, dobbiamo cercare il bene comune.

Che la settimana santa ci rammenti che il futuro della chiesa è multiculturale, adottando ogni nazione, tribù, popolo e lingua.

Fino alla prossima settimana,

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È finita la festa?


May 10, 2021

La festa di Baldassar era un enorme mostra di ricchezza, di potenza e di edonismo con le sue mogli e le sue concubine divertendo un migliaia di ospiti con gli utensili d’oro e d’argento del tempio di Gerusalemme.

Improvvisamente, le dita di una mano umana apparvero e scrissero sul muro. Chiamato per spiegare l’enigma della scrittura sul muro, MENE, MENE, TECHEL, U-PARSIN, Daniele annunziò il giudizio del re babilonese: ‘Sei stato pesato con la bilancia e sei stato trovato mancante.’ Leggiamo in Daniele 5 che la stessa notte, Baldassar fu ucciso e che le forze dei medi e dei persiani entrarono nella città. La festa era finita.

Sul dipinto di Rembrandt del 1635, la paura è palpabile sul viso di Baldassar e dei suoi ospiti, con gli occhi salienti. L’artista ha vestito il re lussuosamente, come un mercante di Amsterdam stravagantemente ricco all’apice dell’età dell’oro, quando l’esplorazione, il commercio, e la schiavitù (!), fecero dell’Olanda nascente lo stato più ricco e più potente sulla terra. Rembrandt stava forse ammonendo i suoi compatrioti olandesi della fugacità della ricchezza, della potenza e del piacere?

Per Baldassar, la fine arrivò all’improvviso. Per l’Olanda, il Rampjaar, l’anno del disastro, arrivò una generazione dopo questo dipinto del 1672, quando la repubblica fu devastata dagli eserciti d’Inghilterra, di Francia e dei vescovati di Munster e di Colonia. Un adagio olandese descrive ‘la gente come essendo stupida, il governo senza speranza, la terra irrecuperabile’ (het volk redeloos, de regering radeloos en het land reddeloos).

Per sette mesi, le banche, le scuole, i negozi, i tribunali e le sale dei concerti furono chiuse. Tante bancarotte seguirono. Ci vollero decenni per riprendersi.

Moralità

I futuri storici guarderanno forse a quest’anno-coronavirus come ‘la fine della festa’, una ’rampjaar’? Improvvisamente, siamo stati scossi fuori dalla ‘vita normale’ e precipitati in un periodo incerto e indefinito d’isolamento e di routine interrotta. La salute fisica, la salute economica, la salute mentale, la salute politica, la salute familiare, la salute sociale: tutto è in questione.

Le risposte creative, l’umorismo, la buona volontà e gli applausi collettivi per i nostri eroi medicali operando per minimizzare il disastro ci hanno aiutato a sopravvivere nelle prime due settimane dopo il risveglio alle dure realtà. Ma cosa accadrà se diventerà due mesi? Sei mesi? O, Dio non voglia, i sette mesi della Rampjaar? Le nostre comunità e le nostre società condivideranno i valori comuni adeguati per evitare l’esplosione delle agitazioni sociali?

Anche prima della crisi del coronavirus, tanti avevano espresso l’allarme su ciò che Jonathan Sacks chiama il ‘cambiamento climatico culturale’ nel quale viviamo. Titoli come La strana morte dell’Europa, Miracolo e suicidio dell’Occidente, The Decadent Society (la società decadente), Come muoiono le democrazie e Il destino dell’occidente parlano di una cultura occidentale ‘demoralizzata, decadente, sgonfia, in crisi democratica, divisa, disintegrata, disfunzionale e in declino’.

Sacks, nel suo libro Morality (Moralità) pubblicato di recente (eccellente libro in tempi come questi), spiega che le economie di mercato e le democrazie liberali non possono da sole garantire la libertà. La moralità è la dimensione mancante, essenziale per la libertà, egli scrive, citando John Locke che contrastava la libertà, cioè la libertà di fare ciò che dovremmo fare, con la licenza, la libertà di fare ciò che vogliamo. I mercati e le economie sono competitivi. La moralità e competitiva. La moralità è la coscienza della società, il coinvolgimento per il bene comune che governa il nostro inseguimento del guadagno privato. La società è costituita di una moralità condivisa e crea la fiducia.

Opportunità

La verità che la società libera sia un raggiungimento morale è stata dimenticata, ignorata o rinnegata sin dalla rivoluzione morale degli anni 1960, dice Sacks. Egli argomenta che, sin da allora, un semplice cambiamento sottostante nell’ethos dell’occidente ha prodotto dei gruppi identitari, una vittimizzazione collettiva, la solitudine, la vulnerabilità, la depressione, il consumo di droga, dei mercati spietati, una politica polarizzata, una disuguaglianza economica crescente e l’intolleranza rispetto alla libertà d’espressione sui campus universitari. Sono conseguenze a lungo termine dello spostamento dal ‘noi’ allo ‘io’. L’isolamento sociale ha rimpiazzato la comunità.

Prima della svolta degli anni 60, le società aperte occidentali furono pluralistiche, costruite sui valori della libertà, dell’uguaglianza, della democrazia, dello stato di diritto e dei diritti dell’uomo. Era un pluralismo ‘noi’ limitato che fu rimpiazzato da un pluralismo ben più radicale ‘io’ divorziato dal consenso storico giudeocristiano. L’essere umano era semplicemente una volontà sovrana, un individuo autonomo, un centro di volontà arbitrario, libero di fare del mondo e di se stesso ciò che egli sceglie. Sacks cita una ricerca mostrando che l’uso del ‘io’ è aumentato nel corso degli ultimi cinquant’anni, mentre l’uso del ‘noi’ è diminuito. Laddove i primi ministri precedenti avrebbero usato il ‘noi’ reale, Boris Johnson usa un numero insolitamente elevato di ‘io’ nel dibattito sulla Brexit.

Sebbene minaccia di distruggere la società, la sfida inedita della crisi del coronavirus offre ugualmente un’opportunità. Improvvisamente, abbiamo tutti realizzato la nostra vulnerabilità comune. Mai nella storia umana il destino comune di oltre sette miliardi di persone su questo pianeta si è mostrato così interconnesso. La nostra dipendenza degli uni verso gli altri e i sistemi di società, locali, nazionali e mondiali, sono diventati evidenti.

L’auto-isolamento potrà portare ad un rinnovo del ‘noi’?

‘Noi’ prevarremo?

Fino alla prossima settimana,

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Vite interrotte


May 10, 2021

Le nostre vite, i nostri piani e i nostri sogni sono stati interrotti in pochi giorni appena, sul piano personale, nazionale e mondiale. Il nostro Forum sullo stato dell’Europa è annullato (e al di là di tutto quanto, un importante terremoto ieri lì!) La formula uno, i campionati europei di calcio, i vertici mondiali, la Brexit, probabilmente anche i giochi olimpici… Ci si chiede se si può vivere senza divertimento.

Ci ricorderemo probabilmente per il resto delle nostre vite della Pasqua di quest’anno, anche se arriverà soltanto fra tre settimane. Sin dalla settimana scorsa, non c’è stata nessuna cantata di Pasqua, nessuna funzione normale di chiesa, e non ci sarà nessuna caccia alle uova nel giardino…

Eppure, le nostre circostanze attuali surreali potranno forse avvicinarci alla circostanze sia della storia di Pasqua sia della storia della Pasqua del popolo d’Israele che la prefigurava. Ogni persona cresciuta con le storie bibliche conosce le dieci piaghe scatenate contro l’Egitto di Faraone, creando la paura e l’incertezza dappertutto, salvo nei quartieri israeliti. Una piaga diffuse la morte nel bestiame mentre l’ultima calamità causò la morte di ogni primogenito maschio, tranne fra gli israeliti. Furono istruiti a spruzzare il sangue degli agnelli dei sacrifici sugli architravi e sugli stipiti delle loro case, affinché l’angelo della morte passasse oltre.

Tutto questo ci riavvicina fortemente da noi, mentre sentiamo ogni giorno il numero crescente di persone visitate dall’angelo della morte. La paura e l’incertezza viene con la realizzazione che noi, umani, non abbiamo tutto sotto controllo. La vita umana è così vulnerabile, con l’improbabilità di un enorme numero di fattore regolati con così tanta precisione affinché la vita, come la conosciamo, sia resa possibile.

Prospettiva

I cristiani capiscono che la Pasqua ebrea è l’anticipazione della sofferenza, della morte e della risurrezione di Gesù, da agnello sacrificatore. Pasqua è la grande interruzione della vita di Gesù, e della storia dell’umanità. Il messaggio è lo stesso: Dio è capace di salvare e di liberare.

Nonostante il virus, la quaresima continua. Con lo sfondo di bollettini quotidiani d’informazione, le nostre meditazioni di quaresima possono ricevere un nuovo significato. Ai fin di aiutare le nostre riflessioni, l’esposizione cittadina Art Stations of the Cross (stazioni d’arte della croce) di Deventer, della quale ho scritto la settimana scorsa, continua in un formato ridotto, negli edifici di chiese e nei locali di aziende che sono ancora autorizzati ad essere aperti. Situata a un ora di treno ad est di Amsterdam, Deventer ha una storia associata ai temi della sofferenza, della vulnerabilità e della desolazione, cosiccome del rinnovo, della riconciliazione e della compassione.

Il sito web ci permette una partecipazione virtuale, poco importa dove siamo, con le opere d’arte su temi universali caratterizzando le stazioni e riferendosi ai nostri tempi e alla storia della città. Perché la maggior parte della storia della città pittoresca di Deventer ci ricorda quanto siamo vulnerabili. Sin dai raid vichinghi fino all’occupazione nazista, quest’antica città commerciale anseatica ci ricorda che l’ingiustizia, e la guerra sono di ogni tempo. La sofferenza è inevitabile.

Il pellegrinaggio d’arte di quest’anno celebra il 75° anniversario della liberazione di Deventer durante l’occupazione nazista, una commemorazione che sarà fortemente attenuata dalla pandemia che ha anche forzato la cancellazione della festa nazionale, il Giorno del Re. Mentre i paragoni con le difficoltà dei tempi di guerra sono frequenti nei media, la riflessione sulla seconda stazione, Gesù prende la sua croce, ci aiuta a restaurare la prospettiva.

Cerotto

Una pietra ascendente inclinata e spezzata nel suo cuore da una frattura frastagliata in forma di fulmine (vedere foto) fu creata dall’artista e poeta Arno Kramer. Il suo titolo, Una vita interrotta,è ispirata dal diario di una giovane donna ebrea che morì ad Auschwitz, Etty Hillesum. Una citazione del suo diario è cesellata sul memoriale: ‘Vorremmo essere un cerotto su tante ferite.’

La storia di Hillesum è raccontata sul sito web. Nata in una famiglia ebrea secolare, crebbe a Deventer ma viveva ad Amsterdam quando la guerra scoppiò. Un anno prima di morire, scrisse nel suo diario: ‘La sofferenza non è sotto la dignità umana’. Sviluppava la sua fede personale, leggeva la Bibbia e scriveva il suo dialogo con il Dio creatore nel suo diario.

Anche se aveva ciò una cosiddetta ‘prova derogatoria’ che le permetteva di viaggiare, Etty scelse di tornare nel campo d’internamento di Westerbork per essere con la sua famiglia e i suoi compagni di sofferenza. Da lì, fu deportata ad Auschwitz. Il suo messaggio scritto frettolosamente, lanciato dal finestrino del vagone del treno fu trovato più tardi da un contadino. Vi è scritto: Aprendo la Bibbia a caso, trovo questo: ‘Il Signore è il mio alto rifugio’. Sono seduta sul mio zaino in mezzo ad un vagone pieno. Papà, mamma e Mischa sono qualche vagone più in là. La partenza era tuttavia abbastanza inaspettata. Abbiamo lasciato il campo cantando.

La sua vita interrotta si concluse finalmente ad Auschwitz il 30 novembre 1943 a 29 anni. Per Etty, il senso della vita era di servire a qualsiasi costo, per alleviare la sofferenza laddove fosse possibile, per amare, per fare il bene e per non rispondere all’odio con l’odio.

Fino alla prossima settimana,

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Paralisi mondiale


May 10, 2021

Quanto il mondo può cambiare in qualche giorno appena!

Mentre la gravità della situazione globale iniziava a diffondersi verso la fine della settimana scorsa, più governi hanno annunziato delle misure sempre più rigorose per combattere la diffusione del virus COVID-19. Le scuole, i ristoranti, i musei, le chiese, i concerti e le conferenze sono stati chiusi, annullati o fortemente limitati in una scala più globale, come non si è mai visto di memoria viva. (Dovevo essere ad un concerto della Passione di San Matteo mentre scrivo questo, se non fosse stato annullato.)

Anche se è più diffuso della tragedia dell’11 settembre, l’eredità del Corona a lungo termine farà più vittime e minaccerà più lavori mondialmente che l’evento che presumibilmente ‘cambiò tutto’, causando 3000 morti e 6000 feriti. Appena due mesi dopo che il virus fu identificato in primo luogo a Wuhan, una città cinese di circa 10 milioni di persone, della quale la maggioranza della gente non aveva mai sentito prima, oltre 160000 infezioni sono state segnalate (più della metà ormai guarita) e oltre 6000 morti.

Una delle prime vittime fu il dott. Li Wenliang, il cui post internet sul virus provocò un rimprovero ufficiale come essendo ‘un rumore di catastrofismo’. Anche se i rapporti ampiamente diffusi tramite i social media, che il dott. Li fosse cristiano, si sono rivelati falsi, il dottore di 34 anni era chiaramente una persona di integrità sacrificale e di professionalissimo.

Questa pandemia, come fu definita dalle Nazioni Unite mercoledì scorso, sta prendendo delle proporzioni apocalittiche e ci forza a cercare nei libri di storia per simili precedenti. Una tale ricerca rivela una storia lunga e intrecciata tra le piaghe e l’azione cristiana.

Vite a rischio

Oltre ai riferimenti biblici (le piaghe d’Egitto catalizzarono l’esodo e finalmente la nascita d’Israele; il Salmo 91 fu forse scritto in risposta alla pestilenza (v.3 e 6); Apocalisse 6:8 predice un’effusione di piaghe), la peste antonina del secondo secolo fece una vittima romana su quattro e accelerò la diffusione del cristianesimo. Lyman Stone, scrivendo per Foreign Policy, fa notare che ‘i Cristiani curavano i malati e offrivano un modello spirituale nel quale le piaghe non erano l’opera di dei arrabbiati e capricciosi ma il prodotto di un creato spezzato in rivolta contro un Dio d’amore’. I Cristiani offrivano bisogni di base, cibo e acqua, a chi era troppo malato per cavarsela da solo, e spesso rimanevano per offrire la loro assistenza mentre i pagani fuggivano.

Un secolo dopo, la peste di Cipriano, la quale porta il nome del vescovo (morto nel 258) che esortava i fedeli a raddoppiare i loro sforzi per prendere cura dei viventi, risultò in una crescita notevole del movimento cristiano, secondo l’autore Rodney Stark. Dionisio, un vescovo del terzo secolo, descriveva come i Cristiani ‘visitavano i malati senza dar pensiero al loro pericolo personale,… attraendo su di loro le malattie dei loro prossimi e prendendo volenterosamente il peso delle sofferenze di chi li circondava.’ L’imperatore pagano del quarto secolo, Giuliano (l’Apostata) (morto nel 363) si lamentava di quei ‘galilei’ che si curavano persino della gente malata non cristiana.

Nel corso del medioevo, i monaci e le monache, i frati e le suore, continuavano a mettere le loro vite a rischio ministrando ai malati durante una piaga, come i Francescani dipinti qui sopra.

‘Tentare Dio’

Dieci anni dopo aver pubblicato le sue 95 tesi, Martin Lutero doveva decidere se fuggire la peste bubbonica a Wittenberg dopo che l’elettore Giovanni esortò lui e altri professori a cercare rifugio a Jena. La sua risposta dettagliata a un pastore di Breslau (Wroclaw odierna in Polonia) chiedendo se fosse appropriato per un Cristiano di fuggire da una peste rivela le realtà che Lutero e i suoi contemporanei fronteggiavano. La risposta del riformatore era che chi aveva dei doveri civici e religiosi doveva riempirli, e questi, tramite la peste, diventavano ‘croci sulle quali dovremmo essere preparati a morire’.

Lutero incoraggiò pure i credenti a obbedire agli ordini di quarantena, a fumigare le loro case, e a essere cauti per evitare di diffondere la malattia. Tutt’altro era ‘tentare Dio’, mettere gli altri e noi stessi in pericolo, e quindi trasgredire il comandamento contro l’omicidio, suicidio compreso.

Geert Grote (morto nel 1384), orfano della peste quando aveva soltanto dieci anni, soggiacque alla peste dopo aver visitato un membro malato del movimento di rinnovo che aveva iniziato, i Fratelli della Vita comune. Un installazione audiovisuale in una cantina della Geert Grote Huis (casa Geert Grote) di Deventer, in Olanda, un museo dedicato alla storia del movimento, è una delle quattordici mostre nella città descrivendo le stazioni della croce durante la quaresima. La stazione cinque (Simone di Cirene aiuta Gesù a portare la croce)mostra tre immagini video su tre schermi diversi, filmate da una macchina circolando nella campagna francese, fermandosi presso croci di bordo strada. Quando il motore si ferma, i suoni della campagna riempiono la cantina ed invita alla riflessione. (Purtroppo, il museo e l’esposizione sono stati chiusi dalle restrizioni).

Mentre il mondo entra in paralisi, un silenzio misterioso rimpiazza il trambusto normale della vita quotidiana. Ci ritroviamo confrontati con questioni di vita e di morte, di relazioni e di senso, di sacrificio e di valori, di comunità e di auto-isolamento.

Cosa potrebbe significare per noi portare la croce durante questa quaresima?

Fino alla prossima settimana,

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Un’eredità inevitabile


May 10, 2021

Sareste stati perdonati di aver pensato che si trattava di un culto religioso domenica della settimana scorsa. La serata iniziò con le primissime parole del Vangelo di Giovanni, capitolo uno, proiettate su un ampio schermo e lette ad alta voce da un’attrice: Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio.

Poi l’oratore fu presentato dal conduttore, il direttore del centro di dibattito secolare de Balie di Amsterdam, il quale confessò che il libro pubblicato di recente dal suo ospite, Dominion (Dominazione), lo ha affascinato così tanto mentre era in vacanza sciistica che se ne andò a sciare soltanto dopo aver letto le ultime parole.

Quando l’autore britannico Tom Holland ha finalmente preso la parola, spiegò che il sottotitolo della versione inglese del libro, ‘the making of the western mind’ (il modellamento del pensiero occidentale), era la scelta del suo editore nervoso e ateo che aveva paura di spaventare i lettori con simboli o menzioni del Cristianesimo sulla copertina. Eppure, spiegò che il libro era effettivamente sul modellamento della Cristianità e del modo in cui il Cristianesimo ha costruito la nostra società. Perché il suo arrivo, la sua incubazione, la sua insorgenza e la sua evoluzione nel mondo dell’antichità classica era di certo il movimento il più decisamente rivoluzionario della storia europea. E certamente anche della storia mondiale.

Tom Holland faceva l’analogia che se l’Occidente moderno fosse una boccia di pesci rossi nella quale fossimo i pesci, allora le acque nelle quali staremmo nuotando sarebbero cristiane. Oppure, egli illustrava oltre, come la radiazione invisibile del disastro di Chernobyl che si è diffusa su un territorio ampio, influendo su tutta l’ambiente, nello stesso modo, l’influenza del Cristianesimo è stata onnipresente anche se invisibile per la maggior parte della gente.

Narratore

Gesù fa parte dei narratori di racconti più influenti mai esistito, affermava Holland. La potenza delle sue storie semplici ha continuato a diffondersi fino ad oggi. La storia del Buon Samaritano, forse una delle più influenti, era sulla nostra responsabilità di curarsi della gente che potrebbe essere diversa da noi. L’apertura di Angela Merkel verso i profughi era certamente plasmata dalla sua educazione in un presbitero dove fu esposta alle storie e ai principi della Bibbia. Eppure, continuava Holland, Viktor Orbán traeva ugualmente dall’eredità biblica per definire il suo popolo come circondato da nemici, portando a conclusioni e risultati molto diversi.

L’idea della luce splendendo nelle tenebre, secondo Giovanni 1:5, traendo dalle parole di Isaia 9:2, sul popolo che camminava nelle tenebre avendo visto una grande luce, aveva profondamente plasmato il pensiero occidentale. Sin dal missionario inglese Bonifazio portando la luce di Cristo a quelli che vivevano nella superstizione in Sassonia, fino alla Riforma, quando Roma fu considerata come incarnando le tenebre e la superstizione, e più tardi fino all’Illuminismo che condannò il Cristianesimo, la vera immagine della luce fu tratta dal Cristianesimo. Era pressoché impossibile fuggire da questa eredità e tenersi fuori da questa, argomentava Holland.

Da bambino, l’autore era stato affascinato dalle scintille e dalla spavalderia dell’Impero romano. Egli era triste che un gruppo di monaci l’aveva rovinato. Fu in quel momento che il sole, si fa per dire, sparì dietro ad una nuvola nera, egli pensava, e che le epoche buie regnarono fino all’apparizione dell’Illuminismo. Egli confessa che aveva totalmente inghiottito il resoconto che l’Illuminismo aveva salvato le glorie di Roma. Eppure, quando scrisse su Roma nel suo libro Rubicone, realizzò quanto Cesare era crudele e spietato e come i suoi compatrioti erano rispetto all’umanità, vantandosi del numero di nemici che avevano ucciso o schiavizzato. Le sue ricerche sui Greci, i Persiani e gli Arabi gli hanno permesso di realizzare quanto il Cristianesimo era rivoluzionario, come ha cambiato il cervello umano con presupposti morali e etici diversi sulla natura umana, i quali li consideriamo come acquisiti oggigiorno.

Pietra di inciampo

Perché la storia chiave del resoconto cristiano era la Passione, la storia della croce, un’umiliazione pubblica in una società in cui la dignità era l’essenza. Il Cristianesimo ha trasformato la croce, un simbolo crudele romano della potenza imperiale, in un simbolo di trionfo del debole e del disarmato, e il trionfo di Cristo sulle potenze di questo mondo. La potenza cosmica fu invertita. Paolo fu il primo a scrivere sul Dio d’Israele, creatore dell’universo, crocefisso, una pietra di inciampo per gli Ebrei e una follia per i pagani.

Holland ha iniziato a vedere le lettere di Paolo come le più influenti mai scritte, come ghiande che finisco in foresti di querce. Galati 3:28, mostrato sulla foto qui sopra, ad esempio, diventò la fonte del principio morale fondamentale d’uguaglianza sul quale la civilizzazione occidentale è stata costruita.

Anche se Gesù non fosse mai esistito, concludeva Holland, rimarrebbe il personaggio di finzione più straordinario che il mondo abbia conosciuto!

Potete guardare tutta la sessione qui (con i vostri amici) e sentire la mia domanda alla fine sul consiglio che darebbe ai dirigenti d’Europa oggi, alla luce di questa eredità inevitabile.

Fino alla prossima settimana,

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Un influenza pervasiva


May 10, 2021

La Bibbia è stata la più grande fonte d’ispirazione nello sviluppo dell’arte occidentale, fino ai tempi moderni (come ne abbiamo parlato la settimana scorsa nella nostra serie La Bibbia per negati nella Upper Room di Amsterdam). Una mancanza di conoscenza dei personaggi, dei temi e delle storie della Bibbia impoverisce la cultura e l’educazione, privando gli spettatori d’arte di una comprensione esatta.

Certo, le arti egiziane, mesopotamiche e greche rispecchiavano le civilizzazioni avanzate al momento in cui le storie dell’Antico Testamento erano ancora vissute; il Nuovo Testamento si svolgeva nel contesto di sviluppi artistici romani brillanti; e di ricche eredità artistiche greche e romane dell’osservazione della natura furono perse nei secoli di ciò che venivano spesso chiamati ‘i secoli bui’, e furono riscoperti in ciò che diventò conosciuto come il Rinascimento.

La causa di questa perdita era il comandamento di non avere ‘immagini scolpite’ (Es. 20:4).  Questo comandamento fu letto da correnti del giudaismo, del cristianesimo e dell’islam come un divieto di ogni forma d’arte figurativa, per timore che sia usata per l’idolatria. Eppure, nello stesso libro, leggiamo istruzioni di fare i due cherubini d’oro martellato sull’arca della testimonianza (Es. 25:22), e delle cortine per il tabernacolo con “cherubini artisticamente lavorati” (Es. 26:1), incitando l’argomento che soltanto le immagini destinate alla falsa adorazione erano vietate.

Dopo che la fede cristiana fu adottata dall’Impero romano, la questione dell’arte nelle chiese portò a conflitti violenti. Quando il Papa Gregorio il Grande diede il suo parere sulla controversia alla fine del sesto secolo, dichiarando che “il dipinto poteva fare per gli analfabeti ciò che la scrittura fa per chi può leggere”, aiutò involontariamente a creare ciò che sarebbe diventato il Grande Scisma tra le chiese d’oriente e d’occidente. Ad est, due parti gareggiavano per il controllo. Gli iconoclasti (distruttori d’immagini) che erano opposti ad ogni immagine nell’arte sacro, presero inizialmente il sopravvento, ma lo persero di fronte agli iconofili che veneravano le icone come aiuti per l’adorazione, delle immagini sante e delle porte verso il cielo, dopo il settimo concilio ecumenico nel 787.

Chiaramente e semplicemente

L’argomento del compromesso di Gregorio era inaccettabile per le due parti orientali che resistevano quindi ad un papa latino. Eppure, ciò impedì l’arte occidentale di seguire l’arte ebrea e islamica, permettendo la concezione ma non la rappresentazione. L’arte, secondo il papa, doveva raccontare la storia sacra il più chiaramente e semplicemente possibile, senza abbellimento o distrazione.

Durante l’implosione dell’Impero romano, l’arte ‘pagana’ delle tribù ‘barbare’ europee settentrionali cristianizzate recentemente era ormai adattata per raccontare la storia sacra. Gli stili artistici indigeni dei Celti, dei Sassoni e dei Vichinghi arricchirono i testi del Libro di Kells, dell’Evangeliario di Lindisfarne e delle Pietre di Jelling, ad esempio. I monasteri ed i conventi celtici diventarono dei centri per la creazione, la promozione e la preservazione delle arti, un compito che passò più tardi nella rete di monasteri benedettini attraverso l’Europa occidentale, le pietre angolari della cultura europea emergente.

Mentre l’arte secolare fu prodotto senza dubbio in quel periodo, pochi esempi hanno sopravvissuto la distruzione dei castelli, dei palazzi e dei forti durante il conflitto, un’eccezione maggiore era l’arazzo di Bayeux in Bretagna, rappresentando l’invasione normanna dell’Inghilterra nel 1066, la quale sopravvisse perché custodita in una chiesa.

I Normanni esprimevano il loro stile architetturale proprio, chiamato ‘Romanesco’ nel continente, nelle chiese, nelle abbazie, nei minster (chiese in Inghilterra) e nelle cattedrali: dei bastioni di muri spessi e solidi decorati con fresche di scene bibliche dei vangeli, dal Giudizio Universale o dalle storie dei santi cristiani. Lì si trovava la Chiesa militante, combattendo le potenze delle tenebre con una mentalità di crociata.

Il cielo sulla terra

Poi arrivò lo stile francese con archi appuntiti, vetrate colorate, cattedrali costruite intorno a ‘scheletri di pietra’, leggeri e profondamente suggestivi, il cielo sulla terra, la Nuova Gerusalemme, la Chiesa trionfante. Più tardi, gli artisti del Rinascimento soprannominavano questo stile ‘gotico’ o barbaro, mentre risuscitarono gli stili classici ‘puri’ dei Greci e dei Romani.

Intorno al duecento, gli stili classici persi di rappresentazioni più naturali e tridimensionali di corpi iniziarono ad essere ristabiliti, ma sempre con l’obiettivo di raccontare la storia sacra più vividamente. Fino a quel momento, i dipinti di persone erano rimasti bidimensionali e informi, raccontando le storie ‘chiaramente e semplicemente’. Degli artisti avevano lavorato anonimamente alla decorazione delle cattedrali, alla creazione delle sculture, agli arazzi, alle finestre e alla muratura di pietra, tutto per la gloria di Dio.

Un rinascimento nell’arte iniziò mentre Giotto di Bondone (c.1267-1337) recuperò l’arte di creare l’illusione della profondezza in una superficie piatta, sempre per il servizio di dare vita alla storia del vangelo, cosiccome i frati predicanti dell’epoca stimolavano gli auditori a visualizzare le storie della Bibbia.

E quindi, questo Rinascimento condusse alla storia di grandi artisti, i quali fino ai tempi moderni continuarono a trovare la loro ispirazione principale della Bibbia, come rivelata da questa lista di opere d’arte di temi biblici che ogni artista ha prodotto. Rembrandt spiccava con 118 opere d’arte, mentre in realtà creò oltre 300 disegni, acqueforti e dipinti sui temi biblici (vedere foto qui sopra).

Chi può parlare contro l’influenza pervasiva della Bibbia nella nostra arte?

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Fino alla prossima settimana,

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Viktor il campione?


May 10, 2021

Per i Cristiani, come me, che sono stati educati in tradizioni di chiesa che raramente, se non mai, ‘facevano politica’, la comparsa recente di politici rivendicando difendere il Cristianesimo può essere molto sconcertante.

Con pochi strumenti di discernimento nella nostra cassetta degli attrezzi, siamo facilmente tentati di diventare degli elettori ‘a causa unica’, senza comprensione del quadro generale.

Di recente, ho ricevuto un link verso un articolo del Capstone Report americano, dichiarando il Primo ministro ungherese, Viktor Orbán, essere “il Calvinista più potente al mondo” combattendo una crociata nobile per salvare l’Europa e il Cristianesimo: “Sin dal Calvinista Guglielmo d’Orange che aveva unito una coalizione varia per salvare le libertà d’Europa dalle aggressioni ambiziose di Luigi XIV, non c’era stato un politico calvinista che ha provato a plasmare l’ordine mondiale come Viktor Orbán”.

Con una grande foto di Orbán inginocchiato con Nick Vujicic, l’evangelista australiano fortemente handicappato, l’articolo lodava il Primo ministro per la sua battaglia per “creare un mondo sicuro per i Cristiani.”

Un altro rapporto glorificando gli sforzi di Orbán mi è stato mandato con il commento: “se soltanto avessimo dei dirigenti cristiani in Europa meravigliosi come quest’uomo!”

Orbán ha pubblicato la foto qui sopra sulla sua pagina Facebook leggendo il best seller ‘The strange death of Europe’ (Lo strano suicidio dell’Europa), di Douglas Murray, in cui argomenta che l’immigrazione e la perdita di fede tradizionale distrugge l’Europa come la conosciamo: dei temi che il Primo ministro sostiene.

L’articolo Capstone cita il dirigente ungherese: “Il nostro appello è di proteggere i modi di vita che hanno le loro radici nel Cristianesimo. Difendiamo la dignità umana, difendiamo la famiglia, difendiamo la nazione e difendiamo le comunità religiose.”

Wow, sembra fantastico!

In superficie, Orbán sembra essere un credente autentico profondamente preoccupato di diffondere il Vangelo di Gesù nonostante l’opposizione secolarista quasi travolgente. In un intervista con l’autore e attivista ebreo franco-algerino Bernard Henry Lévy l’anno scorso, Orbán rivendicava essere “il più Cristiano, e quindi il più Europeo, degli Europei. Il DNA dell’Europa, sono io. Sono il suo custode.”

Come è il caso dei credenti americani e britannici per quanto riguarda i loro dirigenti rispettivi, i miei amici cristiani in Ungheria sono polarizzati nelle loro opinioni su Orbán, anche nelle loro famiglie. Certi sono confortati dai discorsi sulla difesa della tradizione cristiana millenaria dell’Ungheria contro le orde musulmane cercando di infiltrarsi nuovamente sulle loro terre.

Altri, tuttavia, si chiedono con più perspicacia: come può questa retorica cristiana essere riconciliata con un autoritarismo e un antiliberalismo crescente, il soffocamento della libertà di stampa e della libertà d’espressione, la limitazione dell’indipendenza dei tribunali, la promozione della “democratura” (dittatura democratica), la demonizzazione dei profughi, la reclusione per traffico di esseri umani di individui aiutando i richiedenti d’asilo, gli arresti dei senzatetto, e il controllo della riconoscenza di chiesa secondo l’acquiescenza politica?

Forza unificatrice

Il partito di Orbán Fidesz fu fondato nel 1988, quando il comunismo crollava, da giovane partito liberale alternativo (Fiatal Demokraták Szövetsége– Federazione dei giovani democrati), con una posizione politica anticlericale. Nel corso degli anni, si spostò ancora di più a destra, adottando una forte identità politica ‘nazionale cristiana’.

Sin dal suo arrivo al potere con una grande maggioranza, nel 2011, una nuova legge fondamentale fu votata (soltanto dai deputati di Fidesz) definendo l’Ungheria come essendo una ‘nazione cristiana’, e un compito maggiore dello stato come essendo la protezione della cultura cristiana dell’Ungheria. Il preambolo dice: “Riconosciamo il ruolo del cristianesimo nella preservazione della nazione.” La cultura cristiana, rivendica Orbán, è la forza unificatrice della nazione; “ecco perché dichiariamo che l’Ungheria sarà cristiana o non lo sarà affatto.”

Quindi, cosa c’è di male? Nonostante quel che rivendica il Capstone Report, gli Ungheresi non sono così religiosi. Solo un Ungherese su otto e un elettore di Fidesz su cinque vanno regolarmente in chiesa.

Qual è quindi questo cristianesimo che Orbán rivendica voler difendere? Ha un contenuto biblico? Predica l’amore per il prossimo, e per i nemici? È preoccupato con il perdono e la riconciliazione tra i popoli? È un messaggio d’amore per tutta l’umanità? È interessato al fatto che il regno di Dio si diffonde fra tutti i popoli, che l’amore di Gesù sia dimostrato ai poveri, ai proscritti e ai marginalizzati?

Oppure sarà una religione civile ipernazionalista, esaltando la nazione come essendo un ente sacro? Sarà forse una religione d’identità culturale, invece di una fede personale in Cristo, nel quale non c’è ne Ebreo, ne pagano, ne Ungherese, ne Siriano?

Orbán ha detto al Parlamento europeo nel 2015 che desiderava preservare l’Europa per gli Europei, e l’Ungheria per gli Ungheresi, degli obiettivi che credeva essere in armonia con le intenzioni dei fondatori dell’Unione europea.

No, Egregio Orbán, Robert Schuman sarebbe atterrito dal suo nazionalismo etnocentrico sfrontato, dalla sua mancanza di solidarietà verso l’umanità, dalla sua promozione selettiva dei diritti umani soltanto per gli Ungheresi, dalla sua direzione antidemocratica, dalle sue pretese di difendere la dignità umana mentre rinnega le necessità fondamentali agli stranieri.

Questo non è il cristianesimo biblico. È un ‘altro vangelo’.

Fino alla prossima settimana,

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Perché ‘San Valentino’?


May 10, 2021

Questo venerdì 14 febbraio sarà di nuovo il giorno di San Valentino, il giorno dedicato agli innamorati.

Quindi, perché il nome di uno dei primi martiri cristiani è legato con una giornata in cui i siti internet e le vetrine dei negozi usano dappertutto questo nome per aumentare le vendite e realizzare profitti? Qual è il legame, se ce n’è uno, con l’amore romantico?

Varie storie contraddittorie esistono, le quali possono rinviare a varie persone, sebbene molto probabilmente alla stessa persona. Una storia, ad esempio, descrive un prete che osò disobbedire a Claudio II il Gotico, l’imperatore romano, e sposò in segreto delle coppie cristiane affinché i mariti potessero evitare l’arruolamento militare in un periodo in cui l’impero aveva bisogno di soldati. Valentino dava dei cuori tagliati in pergamena come promemoria agli uomini per le loro promesse e per l’amore di Dio.

Altri resoconti fanno di Valentino (derivato da valens [forte, valoroso, sano]) un prete a Roma o un vescovo in Umbria, in Italia centrale, che fu messo agli arresti domiciliari da un giudice chiamato Asterio. In risposta agli sforzi di Valentino di convincerlo che Gesù era il figlio di Dio, il giudice portò la sua figlia adottiva, che era cieca e sorda, al suo prigioniero per sfidarlo di dimostrare la realtà di Dio guarendola. Valentino pregò per la bambina, posò le sue mani sui suoi occhi e fu guarita.

Valentino disse poi al giudice, molto impressionato da ciò che aveva appena visto, di sbarazzarsi da tutti gli idoli di casa sua, di digiunare per tre giorni e di battezzarsi. Il giudice obbedì, liberò tutti i prigionieri cristiani sotto la sua autorità e fu battezzato con altri quarantaquattro membri della sua casa.

‘Dal tuo Valentino’

Persistendo nel suo evangelismo, Valentino fu di nuovo arrestato e portato di fronte a Claudio II, l’imperatore a Roma, il quale ammirava inizialmente il suo prigioniero. Ma quando Valentino cercò di convincerlo di diventare cristiano, l’imperatore gli ordinò di rinunciare alla sua fede a costo di essere battuto con mazze e decapitato. Valentino rifiutò e fu quindi ucciso il 14 febbraio 269, ma non prima di aver scritto una lettera alla figlia di Asterio, firmata ‘Dal tuo Valentino’, l’origine dei messaggi romantici odierni.

Per il primo anniversario del fidanzamento tra il re Riccardo II d’Inghilterra e Anna di Boemia (entrambi appena quattordicenni all’epoca), Geoffrey Chaucer, lo scrittore inglese del trecento, famoso per i suoi Racconti di Canterbury, scrisse un poema collegando la data del fidanzamento con il giorno di San Valentino:

For this was on seynt Volantynys day Whan euery bryd comyth there to chese his make. [“Perché fu nel giorno di San Valentino, quando ogni uccello viene qui per scegliere il suo compagno.”]

La metà di febbraio era considerata come l’inizio della stagione naturale d’accoppiamento, la quale, dal periodo di Chaucer, è stata agganciata con il romanticismo di Valentino.

Settimana del matrimonio

Questa settimana, che si concluderà con il giorno di San Valentino, è indicata in un numero crescente di paesi come la Settimana del matrimonio, una settimana per dare una cura speciale alla relazione del matrimonio.

Il mio amico Richard Kane, fondatore della Settimana del matrimonio, ama dire: “Se siete fortunati di essere in un matrimonio, dovreste occuparvene.” Gli uomini riconoscono l’importanza della manutenzione delle loro macchine, di effettuare delle riparazioni e di fare dei controlli sanitari regolari, egli osserva. “Perché questo dovrebbe essere più importante della ‘manutenzione del matrimonio’”?

Qualche anno fa, Richard stava in una fila alla cassa di un negozio di arredamenti e guardava delle coppie comprando degli oggetti costosi per migliorare le loro case. “Quanto queste coppie investono per migliorare i loro matrimoni?” egli si domandava.

Questo pensiero portò Richard e sua moglie Maria a lanciare l’idea di una Settimana annuale del matrimonio, un tempo per dire “Svegliatevi! Il matrimonio è un’idea geniale”, e, per chi è sposato, un tempo per ricordarsi perché si sono innamorati la prima volta. Egli è convinto che il matrimonio è un’istituzione brillante che tutta la società dovrebbe celebrare. Siccome un matrimonio sano è una competenza, egli dice, dovremmo tutti imparare delle nuove competenze per far passare i nostri matrimoni dal buono al molto buono. Un grande matrimonio può essere imparato, egli insiste; cosiccome una persona può imparare a leggere un libro o a guidare una macchina.

Un matrimonio sano crea la stabilità e la sicurezza per le coppie (insieme a tanto divertimento e tante risate), aggiunge Richard. Il matrimonio aggiunge un sovrappeso di stabilità alle coppie che è difficile ignorare. Dai punti di vista spirituali, finanziari e statistici, il matrimonio fornisce il miglior ambiente possibile per lo sviluppo di una relazione sana. In altre parole, è la scelta migliore che una coppia può fare, egli argomenta.

Questa settimana, migliaia di eventi locali sono organizzati in tutta l’Europa, nei bar, nei ristoranti, nelle sale comunali e nelle chiese, celebrando il matrimonio e educando le coppie sul modo di avere una relazione migliore. Maggior informazioni sulle attività in vari paesi possono essere trovate sul sito internet Marriage Week International.

Nel frattempo, perché non prendere un tempo questa settimana per:

  1. Esprimere la vostra stima al(la) vostro(a) coniugo(a);
  2. Ricordarvi cosa vi fece innamorare per la prima volta;
  3. Chiedervi cosa rende la vostra relazione speciale?

Fino alla prossima settimana,

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