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24 maggio 2021

Frontiere

La newsletter sulle migrazioni di Annalisa Camilli

Ceuta e la fortezza Europa A Ceuta, l'enclave spagnola in Marocco, nell'ultima settimana sono arrivati ottomila migranti, tra loro moltissimi minori, anche di sette o otto anni. Nei giorni successivi all'arrivo tuttavia 5.600 persone sono state respinte in Marocco, in base a un accordo bilaterale tra Madrid e Rabat in vigore dal 2015. Tuttavia questi "respingimenti a caldo" sono sotto accusa: violano i diritti umani dei richiedenti asilo secondo molte organizzazioni, perché rischiano di non considerate le motivazioni individuali delle persone e i pericoli che corrono nei paesi in cui sono deportati.

Per il momento, però, Madrid non sembra preoccupata di incorrere in una condanna da parte della Corte europea dei diritti umani come avvenne nel 2017: i respingimenti stanno diventando comuni in tutte le frontiere europee. La Grecia respinge i migranti verso la Turchia, la Croazia verso la Bosnia-Erzegovina, l'Italia verso la Slovenia, la Francia verso l'Italia. Sembra che il principio di non refoulement sancito dalla Convenzione europea sui diritti dell'uomo e dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 non sia mai stato così disatteso. 

Quello che sta succedendo negli ultimi giorni nell'enclave spagnola del Nordafrica, inoltre mostra tutta la fragilità delle politiche europee dell'immigrazione, basate su accordi con i paesi di origine e di transito dei migranti per fermare gli arrivi irregolari sulle nostre coste. L'Europa sembra ciclicamente fare i conti con la sua miopia: è successo nel 2015 nell'Egeo, nel 2017 nel Mediterraneo centrale e ora nel Mediterraneo occidentale.

Ogni volta che una crisi si apre a una delle frontiere europee appare chiaro che pagare paesi extraeuropei per fermare le persone non funziona e comporta dei rischi enormi: spinge i migranti ad aprire altre rotte, affida a governi spesso autoritari e corrotti l'arma del ricatto e infine produce morte e violenza per le persone che si mettono in viaggio. Nonostante questo, dalla fine degli anni novanta l'esternalizzazione delle frontiere è stata l'unica strada percorsa dall'Unione e dai singoli paesi europei per fermare gli arrivi irregolari. 

Così, non di rado i paesi confinanti a cui si è affidato il compito di pattugliare la frontiera europea hanno usato i migranti per fare pressione e per chiedere più soldi. Era successo nel febbraio del 2020 tra Grecia e Turchia, è successo la scorsa settimana tra Marocco e Spagna. Rabat ha aperto il confine per ritorsione contro Madrid, accusata di aver offerto cure per il covid-19 a Brahim Ghali, il leader del Fronte polisario, il movimento per l'autodeterminazione del Sahara occidentale. Di fronte alle pressioni di Rabat, Madrid e l'Europa sembrano vulnerabili, schiacciate tra un'opinione pubblica sempre più ostile verso i migranti e la loro dipendenza dai paesi extraeuropei per il controllo della frontiera.

Soluzioni di lungo periodo non sono considerate. Nel nuovo Patto europeo sull'immigrazione e sull'asilo presentato dalla Commissione europea lo scorso autunno non si parla più di vie legali per arrivare in Europa, non si prende neppure in considerazione la possibilità di una politica dei visti capace di creare un'immigrazione regolata e sicura che passi dalle ambasciate dei paesi di origine e dagli aeroporti dei paesi di arrivo. Invece ci si concentra sui rimpatri e sugli accordi con i paesi di origine e di transito per fermare il movimento di persone. Un circolo vizioso in cui la fortezza Europa sembra essere intrappolata da trent'anni.

Ultime notizie

Carola Rackete, la comandante della Sea Watch 3, a bordo della nave, il 27 giugno 2019. (Till Moritz Egen, Sea Watch)

Carola Rackete non sarà processata La comandante della nave umanitaria Sea Watch 3 era accusata di “resistenza o violenza nei confronti di una nave da guerra” per aver forzato l'ingresso nel porto di Lampedusa nel giugno del 2019, violando il divieto che le era stato imposto dall'ex ministro dell'interno Matteo Salvini. La richiesta di archiviazione presentata dal procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio è stata accolta dal giudice per le indagini preliminari Alessandra Vella. Per la procura, Rackete aveva il “dovere di portare i migranti in un porto sicuro” non potendo più garantire la sicurezza delle 42 persone a bordo, dopo averle soccorse al largo della Libia e aver aspettato l'indicazione di un porto per 17 giorni al largo delle coste italiane.

L’Australia ostacola il ricongiungimento familiare dei rifugiati Le Nazioni Unite hanno condannato le restrizioni introdotte dalle autorità australiane per il ricongiungimento familiare dei rifugiati. Queste politiche sono state definite “punitive e crudeli” e contrarie al diritto internazionale. I beneficiari di protezione internazionale in Australia faticano a ottenere il ricongiungimento familiare a causa di procedure burocratiche troppo lunghe e costi molto elevati, che di fatto rendono inapplicabile il diritto a ottenere un visto per i familiari più stretti. 

Aumentano i tentativi di suicidio tra i migranti nei centri per il rimpatrio nel Regno Unito Nel periodo tra luglio e dicembre 2020, circa un terzo dei migranti detenuti nei centri per il rimpatrio britannici sono stati messi sotto osservazione, perché avevano condotte autolesioniste e suicidarie. A causa delle restrizioni all'asilo introdotte dal ministero dell'interno britannico in concomitanza con la Brexit, molti richiedenti asilo sono finiti nei centri di detenzione per il rimpatrio. Il rischio della deportazione ha determinato in molti di loro un aumento considerevole di autolesionismo e dei tentativi di suicidio.

Tra i quattromila e i seimila profughi birmani si sono rifugiati in India Dopo il colpo di stato militare di febbraio in Birmania, 60.700 persone sono state costrette a fuggire dal loro paese, secondo le Nazioni Unite. Tra le quattromila e le seimila hanno trovato rifugio in India, mentre 1.700 sono scappate in Thailandia. Le Nazioni Unite hanno fatto appello a tutti i paesi dell'area affinché garantiscano sicurezza e protezione ai profughi, perché nel loro paese d'origine sono stati documentati arresti arbitrari, sparizioni e violazioni dei diritti umani.

Frasi razziste contro la nave Sea Eye 4 a Pozzallo Sono state rivolte frasi razziste dalle autorità italiane durante le operazioni di sbarco e i controlli medici dei 414 migranti della Sea Eye 4 arrivati a Pozzallo il 21 maggio. Lo denuncia il responsabile delle operazioni della ong tedesca Jan Ribbeck. A bordo della nave umanitaria tedesca Sea Eye c'erano anche 150 minori. I migranti sono successivamente stati trasferiti per la quarantena a bordo della nave Aurelia, mentre i minori non accompagnati sono stati portati in un centro di accoglienza in provincia di Ragusa. Le ong che compiono soccorso in mare sono state convocate al ministero dell'interno il 28 maggio. 

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Il Giappone ritira la riforma dell'immigrazione dopo la morte di una migrante La norma avrebbe dovuto ulteriormente inasprire le condizioni per ottenere l'asilo nel paese e facilitare i rimpatri, ma è stata ritirata dopo le proteste suscitate dalla morte di una migrante dello Sri Lanka di 33 anni, Wishma Sandamali, all'interno di un centro di detenzione per il rimpatrio giapponese. La donna era stata rinchiusa nel centro perché il suo permesso di soggiorno era scaduto, aveva riportato sintomi di un malessere che sono stati trascurati dalle autorità. Le cause della morte non sono state rivelate, ma la notizia ha scatenato molte critiche da parte dei gruppi che si occupano dei diritti umani nel paese. 

Diminuiscono gli arrivi di migranti a Malta Un totale di 147 migranti sono sbarcati a Malta tra gennaio e maggio del 2021, una netta diminuzione rispetto ai 1.273 arrivati ​​nello stesso periodo dello scorso anno, secondo i dati dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Intanto gli arrivi via mare in Italia sono aumentati, così come le intercettazioni delle imbarcazioni da parte della cosiddetta guardia costiera libica sono quasi raddoppiate. Secondo il network di volontari AlarmPhone, sono diminuite le operazioni di soccorso condotte dalla guardia costiera maltese.

Letture

Ilaria Bolano e Giorgia Serughetti, Donne senza stato. La figura della rifugiata tra politica e diritto, (Futura) La figura della donna privata della protezione del proprio stato, in cerca di asilo in un altro paese, non è una novità del nostro tempo. Molte donne nel corso della storia hanno fatto esperienza dell’esilio, e grandi pensatrici del novecento come Hannah Arendt, Simone Weil, María Zambrano, Ágnes Heller hanno scritto opere di speciale originalità e profondità sulla condizione degli sradicati e dei senza stato. La figura della rifugiata mette in crisi concetti consolidati, come quelli di stato, nazione, cittadinanza, e rappresenta in sé una critica alle norme che sovraintendono all’accoglienza e protezione di chi chiede asilo. Il libro di Bolano e Serughetti indaga la condizione delle “donne senza stato” attraverso gli strumenti della teoria politica e del diritto internazionale, discipline che fino a oggi troppo poco si sono interrogate sulla profondità della sfida che questa prospettiva comporta per le categorie giuridiche e politiche tradizionali.

Storie

Presidio davanti al Cpr di Corso Brunelleschi, a Torino, il 9 luglio 2019. (Alessandro Di Marco, Ansa)

Mosua Balde, 23 anni, si è tolto la vita il 22 maggio nel Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di corso Brunelleschi a Torino. Il ragazzo, originario della Guinea, era in isolamento per motivi sanitari e si è impiccato con le lenzuola nella sua stanza. "Devo uscire di qui", ripeteva, prima di annodare le lenzuola e impiccarsi.

Il 9 maggio era stato vittima di un aggressione a Ventimiglia da parte di tre italiani all'uscita di un supermercato. I tre lo avevano attaccato con spranghe, bastoni e tubi di plastica per rubargli il telefonino, mandandolo all'ospedale. I tre aggressori erano stati successivamente identificati dalla polizia di Imperia e denunciati per lesioni, grazie a un video girato da un residente che lo aveva diffuso sui social network.

Balde aveva un provvedimento di espulsione che pendeva sulla sua testa, per questo è stato portato nel centro di detenzione di Torino subito dopo essere uscito dall'ospedale. Non sappiamo quali siano stati i suoi pensieri e cosa lo abbia spinto a uccidersi, ma la sua morte ci interroga per la serie di violenze che il ragazzo ha dovuto subire nel corso della sua vita, senza che le istituzioni se ne prendessero carico.

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